Agguato a Renato Mauro, quindici anni a testa per Salvatore e Giovanni Di Giacomo

 
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Gela. Avrebbero organizzato e cercato di portare a termine un presunto piano che prevedeva l’uccisione dell’attuale direttore generale di Palazzo di Città Renato Mauro.

Ieri pomeriggio, la corte presieduta dal giudice Paolo Fiore, affiancato dai magistrati Fabrizio Molinari e Luca Solaini, ha condannato l’ex dipendente comunale sessantanovenne Salvatore Di Giacomo e il nipote quarantaduenne Giovanni Di Giacomo. Quindici anni di reclusione a testa per i due imputati. Nel caso di Salvatore Di Giacomo, il dispositivo letto in aula è stato meno pesante rispetto alle richieste formulate dal pubblico ministero Roberto Condorelli che aveva chiesto diciotto anni di detenzione.
I quindici anni imposti a Giovanni Di Giacomo, invece, vanno oltre i quattordici indicati dallo stesso pubblico ministero. I magistrati, inoltre, hanno riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni patiti in favore del presunto obiettivo dell’agguato.
Una provvisionale da trentamila euro è già stata fissata: l’eventuale determinazione di un ulteriore ammontare verrà effettuata in sede civile. In sostanza, nonostante il tentativo del collegio di difesa, i giudici hanno praticamente confermato la linea descritta dalla pubblica accusa.
Renato Mauro fu vittima di un terribile agguato ventun’anni fa. Affrontato da due killer, identificati in Giuseppe e, appunto, Giovanni Di Giacomo, solo per un caso fortuito riuscì a salvarsi. Il giovanissimo Giuseppe Di Giacomo, successivamente ucciso, esplose un solo colpo per poi arrendersi all’arma improvvisamente inceppata.
“Gli elementi raccolti – aveva già detto in aula il pubblico ministero Roberto Condorelli – sono di tutta evidenza. L’ingegnere Renato Mauro doveva essere colpito perché ritenuto l’ostacolo principale agli affari, condotti anche all’interno del palazzo municipale, di Salvatore Di Giacomo”.
Stando alla ricostruzione dell’intera vicenda, il dirigente Mauro avrebbe cercato di rimodulare l’organizzazione interna ad alcuni settori municipali, allo scopo di valutare tutti i dubbi e le voci che circolavano sull’operato di Salvatore Di Giacomo: una sorta di presunto dominus degli appalti e degli affidamenti svolti tra le mura di Palazzo di Città. Per queste ragioni, sarebbe partito l’ordine di eliminare lo scomodo Renato Mauro.
Una tesi sempre respinta dal collegio difensivo. Per i due imputati, inoltre, è scattata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. L’intera vicenda venne ricostruita solo due anni fa.
Furono i magistrati della Dda di Caltanissetta e gli agenti della mobile, insieme a quelli del commissariato di via Zucchetto, a concludere l’intera attività d’approfondimento su Di Giacomo ed il nipote.

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