Chiedeva i soldi della buonuscita, i “ragazzi” di Alferi gli bruciarono la casa: adesso lo vogliono risarcire

 
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Gela. Aveva avviato una vertenza lavorativa per ottenere la buona uscita che gli sarebbe spettata dall’azienda.

Il rogo distrusse un’intera abitazione rurale. Come risposta avrebbe ricevuto solo minacce e la casa rurale distrutta dalle fiamme. Dietro gli avvertimenti, culminati anche con l’azione di fuoco, ci sarebbero stati l’imprenditore Alberto Cammarata, ex datore di lavoro della vittima, un altro dipendente della stessa azienda d’autotrasporto, Bruno Migliore, e due “ragazzi” del boss Giuseppe Alferi incaricati d’incendiare l’abitazione rurale. Davanti al giudice dell’udienza preliminare, infatti, sono finiti anche Rosario Moscato e il collaboratore di giustizia Emanuele Cascino, ex fedelissimo di Peppe Alferi. I quattro, difesi dagli avvocati Carmelo Tuccio, Giacomo Ventura, Cristina Alfieri e Vania Giamporcaro, hanno optato per il rito abbreviato che gli consentirebbe uno sconto sull’eventuale pena. Stando ai magistrati della Dda di Caltanissetta, sarebbe stato proprio Cammarata, per il tramite di Migliore, a commissionare l’incendio messo a segno dal gruppo Alferi. Avrebbe voluto intimidire il suo ex dipendente che, intanto, chiedeva il pagamento di quanto dovutogli.

Gli imputati hanno offerto  un risarcimento. Intanto, hanno già inoltrato ai legali del lavoratore finito al centro della tentata estorsione una proposta di risarcimento dei danni. Spetterà agli avvocati Rocco Guarnaccia e Marco Granvillano valutare l’offerta. La vittima delle pressioni, tutte finalizzate a evitare qualsiasi vertenza lavorativa, si è costituito parte civile. Il gup del tribunale di Caltanissetta ha rinviato all’udienza del prossimo 11 giugno.

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