Dopo 52 anni di industria, la spontanea discesa “in campo” dei cittadini

 
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Gela. Non si era ancora fatto in tempo a lenire le angosce per le recenti perdite di giovani vite stroncate dal “solito” male.

Non si erano ancora spenti gli echi sullo scontro a distanza tra le istituzioni e L’Espresso con la sua durissima inchiesta sulle malformazioni, le malattie e le morti di Gela divenute, oggi, oggetto di indagini. 

Non si erano ancora smorzati gli animi di chi rivendicava l’onore del vero e additava come desuete le foto che corredavano l’inchiesta: foto che ritraevano una spiaggia divorata dal petrolio, ripudiata da coloro che avevano lavorato e investito energie affinchè la città non ritornasse ad avere simboli come quelli ritratti dallo scatto.

E non erano neanche passate ventiquattro ore dall’annuncio della realizzazione di un osservatorio epidemiologico per le aree industriali di Gela, Milazzo e Priolo, quando si è verificato, in sintonia con le discussioni contemporanee, l’ennesimo sversamento di idrocarburi proprio nel tratto di spiaggia interessato dalla foto tanto contestata a L’Espresso.

Le preoccupazioni destate da questi fiumi di inchiostro e petrolio hanno dato così vita ad un incontro di circa un centinaio di persone che, per la prima volta dopo 52 anni di coabitazione con la raffineria, si sono spontaneamente riunite dinanzi al palazzo di vetro dell’ Eni.

Non sono bastate, così, le valutazioni positive provenienti dal Palazzo d’Orleans in seguito all’incontro tra Rosario Crocetta, l’assessore all’energia Marino e i dirigenti dell’Eni Casa, Zacchignado e Ricci.

Senza loghi e senza bandiere, attivisti e non, disoccupati e operai, giovani e padri di famiglia hanno dibattuto la possibilità di dare vita ad un movimento che deve superare la retorica logica dello scontro tra ambientalisti e operai affinchè gli uni e gli altri siano uniti per chiedere una riconversione della città, salvaguardando il diritto al lavoro e alla salute per tutti.

Un momento di risveglio di alcune anime in un territorio che assiste impotentemente all’umiliazione delle sue acque,della sua aria e della sua gente.

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