Giovane perse il bambino, condannati due medici del “Vittorio Emanuele”: “Dovrà essere risarcita”

 
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Gela. Un anno e quattro mesi ciascuno, con pena sospesa e non menzione. Il giudice Miriam D’Amore, al termine di un complesso dibattimento, imperniato prevalentemente sugli esiti di accertamenti tecnici e perizie, ha disposto la condanna di due medici del nosocomio “Vittorio Emanuele”. Si tratta di Emanuela Bartoli e Rosario Ferraro. I fatti risalgono a sette anni fa, quando una giovane perse il feto che aveva in grembo. Per la procura, come sottolineato dal pm Pamela Cellura, ci furono “responsabilità” degli imputati. Avrebbero dovuto prevedere accertamenti ulteriori, anche sulla base dei tracciati. Ha chiesto la condanna a due anni e sei mesi, per entrambi. Al contrario, le difese, sostenute dagli avvocati Vania Cirese e Gualtiero Cataldo, anche nel corso delle conclusioni hanno ribadito che quei tracciati non erano da ritenersi allarmanti. La morte del feto sarebbe stata la conseguenza ultima di almeno tre “cause non individuabili”. Dopo quanto accaduto, la famiglia della giovane presentò denuncia facendo avviare l’indagine che ha poi portato al processo. Lei si è costituita parte civile, rappresentata dall’avvocato Flavio Sinatra.

Il legale, nelle conclusioni, ha ribadito che si sarebbe potuto fare di più per evitare la drammatica conseguenza. Ha insistito sul fatto che l’ultima perizia effettuata dagli esperti è da considerare “incompleta” e “depotenziata”. Gli imputati, nel corso del giudizio, hanno spiegato di essersi attenuti a tutti i protocolli, senza anomalie di sorta. Alla parte civile il giudice ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, da definire in altra sede.

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