Riunioni e pizzini in carcere per firmare la pax mafiosa: Parlano gli ex affiliati

 
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Gela.
Un vero e proprio accordo di pace siglato, addirittura, tra le celle del carcere di Caltanissetta: in questo modo, infatti, si sarebbe posta fine alla guerra di mafia esplosa all’interno del gruppo di cosa nostra.

Gli affiliati alle famiglie Emmanuello e Rinzivillo dissero basta al conflitto armato iniziato nel 1999 utilizzando un gruppo di mediatori. Pizzini scambiati tra detenuti e lunghe chiacchierate durante le ore di aria.
Particolari che emergono dalle dichiarazioni rilasciate da importanti collaboratori di giustizia e confluite nella recente inchiesta antimafia “Fenice”.
I sensali della pace sarebbero stati Crocifisso Smorta e Alessandro Barberi: il primo per conto della famiglia Emmanuello, il secondo nell’interesse del gruppo Rinzivillo. L’occasione buona si presentò a cavallo tra il 2001 ed il 2002: i pezzi da novanta di cosa nostra gelese, seppur ristretti in piani diversi del penitenziario di Caltanissetta, sarebbero riusciti a pianificare riunioni strategiche. Una conferma, sotto questo profilo, arriva dalle dichiarazioni rese davanti agli inquirenti da Crocifisso Smorta e Carmelo Billizzi.
Sarebbe stato proprio Smorta, sapendo della presenza a Caltanissetta di Antonio Rinzivillo, a contattarlo per il tramite di Alessandro Barberi. Settimane di trattative con l’obiettivo di appianare divergenze di lungo corso, già esplose con l’uccisione, nel 1995, di Maurizio Morreale e l’inizio della scalata avviata dai fratelli Emmanuello alla leadership di cosa nostra gelese.
L’accordo raggiunto, con il beneplacito del bosso Antonio Rinzivillo, venne suggellato nell’ottobre del 2002. In sostanza, dall’anno successivo tutti avrebbero dovuto riconoscere la reggenza del latitante Daniele Emmanuello.
Non a caso, proprio Smorta davanti agli inquirenti conferma, “facevano parte del nuovo organigramma i seguenti uomini d’onore Argenti Emanuele di Guido, Argenti Emanuele di Carmelo, Cascino Nunzio, Barberi Alessandro, Billizzi Carmelo, Collodoro Carmelo, i quattro fratelli Emmanuello, Ferracane Fortunato, Iozza Emanuele, La Cognata Luigi, La Cognata Franco, Minardi Vincenzo, Passaro Giovanni, Portelli Paolo, Vella Francesco, Rinzivillo Antonio, Rinzivillo Crocifisso, Romano Raimondo, Salinitro Marco, Tasca Carmelo, Terlati Emanuele, Terlati Salvatore, Trubia Rosario, Vizzini Rosario. Allo stato attuale sono coloro che ricordo, l’elenco dovrebbe essere pressoché completo non escludo tuttavia in questo momento che qualcuno possa essermi sfuggito”.
L’intesa apriva nuovi scenari anche nella nomenclatura criminale: la pace si traduceva in un organigramma mafioso del tutto rimodellato e accettato sia dagli affiliati agli Emmanuello che da quelli del gruppo Rinzivillo. Decisivo sarebbe stato un incontro, nell’aula bunker del carcere palermitano Pagliarelli, tra Nunzio Cascino e Crocifisso Smorta.
“Nel 2004 – ricorda lo stesso Smorta – incontrai Nunzio Cascino nel carcere di Pagliarelli. Si trovava lì se non sbaglio per partecipare ad un’udienza attraverso la videoconferenza. Mi comunicò le nuove cariche della famiglia che Daniele Emmanuello aveva formalizzato nell’ottobre 2003. Rappresentante della famiglia, lo stesso Daniele Emmanuello; io, vice rappresentante; consigliere, Francesco Vella; responsabile per i mandamenti, Carmelo Billizzi”.
L’accordo raggiunto, oltre al riconoscimento della leadership esercitata dal boss Daniele Emmanuello, significava la ripresa dei flussi di denaro che dal giro di estorsioni in città raggiungevano i detenuti in carcere, anche quelli della fazione Rinzivillo. Tra i beneficiati, oltre ad Antonio Rinzivillo, il suo presunto braccio destro Alessandro Barberi. Il denaro per i Rinzivillo, stando a Crocifisso Smorta e Carmelo Billizzi, passava da uno stretto parente di Alessandro Barberi per, alla fine, raggiungere i detenuti in carcere.
La morte di Daniele Emmanuello e la ripresa di rancori mai del tutto sopiti, però, avrebbe messo in un angolo l’accordo siglato nel carcere di Caltanissetta. Gino Rinzivillo, come confermato da ex esponenti dell’omonima famiglia, avrebbe voluto il sangue degli affiliati al gruppo Emmanuello, colpevoli di aver accentrato nello loro mani tutte le estorsioni ai gruppi economici più importanti del territorio. “A morire – ha spiegato il collaboratore Fabio Nicastro – dovevano essere Enzo Morso, Emanuele Monachella e Emanuele Ganci, tutti liberi in quel periodo. Prima di agire, però, avremmo dovuto attendere la scarcerazione di Alessandro Barberi”.
Il fidato alleato dei fratelli Rinzivillo, però, lasciò il carcere solo nel giugno di tre anni fa: tutti gli affiliati di spicco della fazione Emmanuello erano già stati arrestati e, quindi, costretti alla detenzione. Per questa ragione, lo stesso Alessandro Barberi avrebbe avuto il compito di riorganizzare la famiglia e avviare i contatti con altri gruppi attivi in diverse province. Accuse che, adesso, sono costate un nuovo arresto a Barberi proprio a conclusione dell’operazione “Fenice”.  

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