Strage Capaci: Procuratore De Francisci, chi sa deve parlare

 
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Palermo. «Sono moderatamente ottimista sugli sviluppi investigativi delle nuove inchieste sulle stragi del ’92. Sono passati venti anni e molti dei protagonisti sono morti.

È forse proprio per questo i superstiti potrebbero sentirsi più liberi di raccontare tutto quanto è successo. Tante bocche per vent’anni sono state chiuse». Lo ha detto, in un’intervista al Gr3 Rai, il procuratore aggiunto di Palermo Ignazio De Francisci.

Per il magistrato, comunque, «si sa una buona parte di verità riguardo gli esecutori materiali, soprattutto dell’attentato di Capaci. Delle stragi si occupa la Procura di Caltanissetta, mentre la Procura di Palermo sta sviluppando l’importante indagine su quella che comunemente viene definita ‘la trattativà. Indagine che ha posto in luce momenti inquietanti di quel periodo e da questo punto di vista credo che ancora qualche verità debba essere accertata».

Rispetto a vent’anni fa l’area di collusione della mafia con la politica, l’imprenditoria, la pubblica amministrazione si è ristretta, secondo De Francisci. «C’è una maggiore consapevolezza della realtà criminale di Cosa nostra – ha concluso -, ci sono molti alibi in meno; oggi non si può più dire: io non sapevo che quel politico era colluso.

I partiti non hanno più alibi. Quando fanno le liste elettorali sanno chi è mafioso e chi non lo è: il vicino, il contiguo non va candidato ovviamente. Dobbiamo fare quest’opera di rifiuto civile, dobbiamo mettere ai margini tutta questa gente che con la mafia fa affari e che della mafia è amica».

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