Un operaio della Corima precipitò da un capannone in raffineria: chieste quattro condanne e due assoluzioni

 
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Gela. Un terribile volo che lo costrinse a perdere la milza, successivamente rimossa dai medici. L’incidente si verificò all’interno della raffineria Eni di contrada Piana del Signore. Per i difensori la ricostruzione di quanto accaduto è dubbia. L’operaio Giuseppe Grasso era impegnato in interventi ad uno dei capannoni della fabbrica. Adesso, il pubblico ministero Tiziana Di Pietro ha chiesto l’assoluzione per due tecnici di Eni, ovvero Gianfranco Carvelli e Salvatore Martorana, e la condanna a sei mesi di reclusione ciascuno per Rosario Serio, Francesco Bognanni e Saverio Mazzocchi. Si tratta di responsabili della società Corima, per la quale lavorava Grasso, e di Eni. Il pm, inoltre, ha chiesto la condanna della stessa Corima al pagamento di una sanzione amministrativa da quasi ventiseimila euro. Per la procura, infatti, ci sarebbero state responsabilità legate soprattutto alla mancata applicazione delle misure di prevenzione. La famiglia dell’operaio, invece, ha rinunciato alla costituzione di parte civile. I legali dei tecnici Eni e della stessa raffineria hanno sottolineato in aula come il gruppo abbia rispettato tutti i parametri previsti nel contratto quadro, allora stipulato con Corima. Lo hanno ribadito gli avvocati Carlo e Luigi Autru Ryolo, Gualtiero Cataldo, Piero Amara e Alessandra Geraci. I difensori degli altri imputati, invece, hanno sottolineato come la ricostruzione di quanto accaduto quel giorno del settembre di sette anni fa non sia mai stata veramente chiarita. Non hanno escluso che l’operaio abbia agito, senza considerare le indicazioni fornitegli. Una linea portata avanti dagli avvocati Vittorio Giardino, Nicola Di Benedetto e Fabio Fargetta. Il giudice Silvia Passanisi emetterà il verdetto il prossimo 8 novembre.

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