500 cittadini contro Eni, stop agli impianti della fabbrica: è scontro, chiesto un fondo da 80 milioni di euro

 
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Gela. In ballo, c’è il possibile stop di tutti gli impianti della raffineria Eni di contrada Piana del Signore e l’immediato avvio delle procedure di bonifica.

“La città ha diritto ad un ambiente salubre”. Addirittura, in base a quanto richiesto nel suo ricorso dall’avvocato Mario Cosenza che rappresenta l’ente comunale, Eni dovrebbe mettere a disposizione un fondo da almeno 80 milioni di euro per garantire un reddito minimo a tutti i lavoratori della fabbrica e alle loro famiglie. Si è aperto con molta tensione, almeno tra le parti in causa, il procedimento civile scaturito dal ricorso d’urgenza presentato dagli avvocati Luigi Fontanella, Giuseppe Fontanella e Laura Vassallo e firmato da circa cinquecento cittadini. Chiamate a rispondere, invece, sono tutte le società del gruppo Eni presenti in città e lo stesso Comune, ente responsabile della salvaguardia della salute pubblica. “I cittadini gelesi – hanno detto proprio gli avvocati Luigi Fontanella e Laura Vassallo – hanno il diritto ad un ambiente salubre. Le procedure di disinquinamento e quelle di bonifica, dettate dalla legge, non sono mai state rispettate”. Di ricorso inammissibile, invece, ha parlato Lotario Dittrich, legale del gruppo Eni insieme ad Antonino Longo. “In base alle richieste della controparte – ha detto – salterebbe ogni tipo di accordo insieme allo stesso protocollo d’intesa del novembre di due anni fa con il quale Eni s’impegna a spendere oltre due miliardi di euro anche in interventi di bonifica”.

Per i legali di Eni tutte le prescrizioni sono state rispettate. Stando ai legali della multinazionale, infatti, 110 prescrizioni su un totale di 112 imposte ad Eni dal ministero sarebbero già state adempiute. “Sono stati rispettati tutti i parametri di legge – hanno spiegato i legali del gruppo – inoltre, nessuno di coloro che hanno sottoscritto il ricorso ha legittimazione ad agire. Solo il ministero è legittimato qualora ravvisi un danno ambientale. Se passasse un principio diverso, tutti i cittadini di Milano potrebbero presentare ricorso per le percentuali di pm10 in atmosfera tre o quattro volte superiori a quelle registrate a Gela”. Gli avvocati Fontanella e Vassallo, davanti al giudice Virgilio Dante Bernardi, hanno ribadito l’intero contenuto del loro ricorso, basato sulla perizia depositata la scorsa estate da un pool di esperti imparziali che individua uno stretto nesso tra i tanti casi di malformazioni e la presenza industriale in città. Perizia depositata nel corso di altri procedimenti civili scaturiti da casi di malformazioni. Proprio per questa ragione, si chiede al giudice di attuare provvedimenti d’urgenza, compresa la nomina di tecnici che possano effettuare un sopralluogo tra tutti gli impianti di raffineria e non solo. Il Comune, costituto con l’avvocato Cosenza, ha praticamente aderito alle richieste dei ricorrenti, facendo riferimento anche al fondo economico da almeno 80 milioni di euro. “Non capisco la posizione del Comune – ha detto il legale Dittrich – viene chiamato in causa e allo stesso tempo aderisce alle richieste dei ricorrenti, compreso il fermo degli impianti e un sostanziale commissariamento del polo industriale locale, smentendo il contenuto di un protocollo firmato dallo stesso ente comunale”. A questo punto, si ritornerà davanti al giudice il prossimo 10 febbraio, nei giorni precedenti le parti avranno la possibilità di presentare memorie di replica. I legali Eni hanno scelto di depositare i loro atti solo poche ore prima dell’udienza. I ricorrenti, peraltro, hanno chiesto l’intervento in giudzio anche della procura locale.  

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