L’inchiesta “Redivivi”, in aula uno degli operatori della plastica che denunciò i Trubia: “Quello che vidi non era un fucile”

 
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Gela. Ha riconosciuto alcuni dei presunti componenti del gruppo mafioso dei Trubia che avrebbero imposto a lui e ad altri operatori impegnati nella raccolta della plastica di lasciare le zone di Bulala, Mignechi e Passo di Piazza.


“Davide Trubia mi disse di cambiare zona”. A parlare in aula è stato una delle presunte vittime, la cui denuncia fece scattare l’indagine antimafia “Redivivi”. Per i pm della Dda di Caltanissetta, la famiglia Trubia avrebbe imposto una sorta di monopolio tra le campagne della città, di fatto controllando per intero il settore della raccolta della plastica usata. “Davide Trubia – ha detto il testimone – mi disse che dovevo cambiare zona. Così, mi spostai in altre aree. Alla fine, abbiamo deciso di rivolgerci all’associazione antiracket”. L’uomo ha risposto alle domande del pubblico ministero Luigi Leghissa e dei difensori degli imputati. A processo, ci sono Vincenzo Trubia, Davide Trubia, Rosario Trubia, Luca Trubia, Simone Trubia, Rosario Caruso, Ruggero Biundo e il ventiseienne Rosario Trubia. In realtà, però, la deposizione resa in aula, per diversi aspetti, è andata a contrastare con quanto era stato indicato dall’operatore davanti sia a poliziotti di Gela che a quelli di Vittoria. “Ricordo che un giorno, mentre ero a bordo del mio camion – ha continuato – incrociai un’auto. A bordo c’erano alcuni dei Trubia, ma quello che vidi non era un fucile. Forse, i poliziotti hanno capito male. Non ricordo se qualcuno uscì dall’auto”. La versione resa dalla vittima è stata anche valutata dai difensori degli imputati che, in più occasioni, hanno sollevato dubbi proprio sulle dichiarazioni rese dagli operatori che sarebbero stati costretti a lasciare diverse zone di raccolta ai Trubia. Intanto, già alla prossima udienza fissata per luglio, sarà il turno di altri testimoni, soprattutto agricoltori della zona e altri operatori della raccolta della plastica. In totale, sono cinque gli imprenditori che sarebbero finiti nel mirino del presunto gruppo mafioso. Hanno scelto di costituirsi parte civile con l’avvocato Giovanni Bruscia. L’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, invece, è in giudizio con l’avvocato Giuseppe Panebianco. Nel procedimento, sono parti civili anche il Comune, rappresentato dall’avvocato Anna Gambino, oltre all’associazione Codici. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Nicoletta Cauchi e Raffaela Nastasi.

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