Aumento delle indennità degli amministratori, sì all’atto di indirizzo ma “congelato” dal dissesto

 
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Gela. Per ora, si tratta di un adeguamento formale, solo sulla carta, ma che non si può materialmente attuare a seguito del dissesto finanziario. La giunta che sta per congedarsi da Palazzo di Città ha comunque varato l’aumento delle indennità spettanti al sindaco, al vice, agli assessori e al presidente del civico consesso. Si tratta di una disciplina dettata dal combinato disposto di una norma nazionale e di una regionale. Le indennità dei sindaci, a cascata quelle dei vicesindaci, degli assessori e dei presidenti del consiglio comunale, vengono parametrate alle retribuzioni dei presidenti di Regione. Una quantificazione che viene effettuata sulla base della soglia di popolazione. Così, per i Comuni oltre i 50mila abitanti le indennità degli amministratori si pongono sulla quota del 45 per cento. La giunta ha dato il via libera, sulla base dei numeri dettati nella proposta arrivata sotto forma di atto di indirizzo. Le percentuali calcolate, previste dall’1 gennaio 2024, portano l’indennità del primo cittadino dall’attuale importo lordo di 3.718,49 euro mensili a 6.210,00 euro. Per il suo vice si arriva a 4.657,50 euro e per gli assessori a 3.726,00 euro, così come per il presidente del consiglio comunale. “Le indennità devono essere dimezzate per i lavoratori dipendenti che non hanno richiesto l’aspettativa”, viene indicato riferendosi ad un decreto legislativo del 2000. “Alla luce della dichiarazione dello stato di dissesto finanziario dell’ente, si rende opportuno non procedere, per gli anni 2023 e 2024, all’aumento-adeguamento dell’indennità di funzione degli amministratori comunali”, viene sottolineato nell’atto di indirizzo.

La delibera arriva in piena campagna elettorale mentre sono cinque i potenziali sindaci che stanno politicamente battagliando, sostenuti dalle rispettive coalizioni e liste. Se per il 2023 è escluso il riconoscimento dell’adeguamento delle indennità di funzione, per il 2024 il criterio non cambia ma “con riserva di adottare apposito atto deliberativo di segno diverso in caso di finanziamento a totale carico della Regione o dello Stato”. Insomma, per gli aumenti destinati agli amministratori, anche per quelli che si insedieranno dopo le elezioni di inizio giugno, servirebbero soldi da Palermo oppure da Roma.

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