Azienda non pagò canoni ad Asp per i distributori in ospedale, “legittimo risolvere il contratto”

 
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Gela. Non ci sono elementi per ritenere che la risoluzione del contratto disposta dall’Asp fosse illegittima. I giudici del Tar hanno respinto il ricorso presentato dal legale di un’azienda palermitana, che sette anni fa si era aggiudicata il servizio per l’installazione dei distributori automatici di bibite, snack e alimenti nella struttura dell’ospedale “Vittorio Emanuele”. I vertici di Asp disposero la risoluzione del contratto per “inadempimento”. L’azienda aveva ottenuto una concessione triennale. Però, al calcolo mancavano canoni per 115 mila euro. Somme che la società non versò ad Asp. Un ammanco che indusse il management dell’azienda sanitaria a sciogliere il rapporto costituito con la società. I legali dell’azienda, nel ricorso al Tar, hanno indicato che quei mancati versamenti sarebbero stati il prodotto anzitutto di una riduzione del canone, perché ci sarebbe stata una “concorrenza illegittima” dovuta alla presenza nelle strutture del nosocomio di altri distributori, in violazione del diritto di esclusiva. Inoltre, l’avvio del nuovo pronto soccorso non avrebbe consentito alla società di installare i propri sistemi. Tutte ragioni contestate da Asp e che il Tar non ha respinto. “In merito alla pretesa violazione del diritto di esclusiva, il Collegio osserva quanto segue. Parte ricorrente non ha fornito evidenza della sussistenza del preteso diritto di esclusiva, che non risulta menzionato nella «lettera contratto» versata in atti. Anche a voler ammettere l’esistenza del suddetto diritto di esclusiva, parte ricorrente non ha dimostrato la proporzionalità del proprio inadempimento (quantificato dall’amministrazione ospedaliera in circa euro 115.000,00) rispetto al danno lamentato. Infatti, come risulta dal verbale di sopralluogo congiunto del 20 ottobre 2015, le violazioni del (presunto) principio di esclusiva consisterebbero nella presenza, in zone non aperte al pubblico (il richiamato verbale ha fatto espresso riferimento a «spogliatoi»), di macchinette a uso casalingo, di un distributore automatico di cialde e di uno di bevande calde;  la presenza negli spogliatoi dei suddetti distributori e macchinette casalinghe avrebbe determinato, secondo la perizia prodotta da parte ricorrente, una riduzione del fatturato del 38,4%; tale notevole riduzione del fatturato non è suffragata da alcuna evidenza contabile versata in atti; non vi sono, pertanto, elementi per ritenere plausibile l’assunto secondo il quale i visti distributori e macchinette casalinghe – collocati all’interno degli spogliatoi dell’Azienda ospedaliera – avrebbero inciso in misura significativa sul fatturato degli undici distributori presenti all’interno del P.O. “V. Emanuele”, arrivando a giustificare il mancato pagamento del canone concessorio mensile.”, si legge nella sentenza.

Anche sul trasferimento del pronto soccorso i giudici escludono la fondatezza delle contestazioni avanzate dalla società. “Al riguardo, in disparte le osservazioni di cui sopra in merito alla mancanza di qualsivoglia evidenza contabile funzionale a dimostrare il presunto calo del fatturato, risulta agli atti la comunicazione via pec dell’amministrazione ospedaliera del 22 luglio 2016 con la quale quest’ultima, nel comunicare l’impossibilità di installare i distributori automatici di parte ricorrente presso i nuovi locali del pronto soccorso, ha comunque dato la disponibilità a trasferire i distributori automatici presso gli uffici amministrativi. A fronte di tale offerta dell’azienda ospedaliera non risulta un riscontro della ricorrente, che ben avrebbe potuto – in omaggio al principio di esecuzione del contratto secondo buona fede (art. 1375, c.c.) – installare nei locali anzidetti i propri distributori e verificare l’eventuale calo di redditività dei medesimi; circostanza che non risulta tuttavia dagli atti di causa, avendo parte ricorrente piuttosto ritenuto di rendersi inadempiente all’obbligo di versare all’Amministrazione intimata i canoni mensili dovuti”, concludono i giudici che hanno respinto il ricorso.

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