Blitz antimafia “Tagli pregiati”, depositate motivazioni d’appello: nove condanne

 
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Gela. Fu una delle inchieste che consentì agli investigatori di individuare alcuni dei possibili nodi economici della rete criminale del gruppo Rinzivillo. Sul finire dello scorso anno, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta confermarono nove condanne, per gli imputati coinvolti nell’inchiesta “Tagli pregiati”, che ebbe articolazioni anche nel nord Italia. Il blitz risale a quindici anni fa e in primo grado la decisione del collegio penale del tribunale di Gela arrivò nel 2017. I magistrati nisseni di secondo grado hanno depositato le motivazioni e le difese degli imputati, per i quali è stata confermata la condanna (anche se si sono registrate delle riduzioni di pena), potrebbero a breve avanzare i ricorsi in Cassazione. Lo scorso dicembre, i giudici di appello hanno  in parte rivisto al ribasso alcune delle condanne imposte dal collegio penale del tribunale di Gela. Dieci anni e sei mesi di reclusione sono stati decisi per Alfredo Santangelo, mentre in primo grado la condanna era stata a dodici anni e otto mesi. La scorsa settimana è stato condannato in primo grado, nel giudizio legato all’indagine “Extra fines”, sempre in relazione ai rapporti con la famiglia di mafia dei Rinzivillo. L’annullamento per un capo di imputazione (quello per l’associazione mafiosa), con gli atti poi trasmessi ai pm della Dda di Caltanissetta, è stato deciso per le posizioni di Vincenzo Alfieri e Claudio Alfieri. Per le altre contestazioni, invece, la condanna è stata ridotta a sei anni di reclusione, a fronte dei sette anni e mezzo disposti in primo grado. Ridotta la condanna anche per Gaetano Mirko Valente, da otto anni di detenzione a sei anni. La prescrizione invece ha fatto venire meno la condanna nei confronti di Jamil Mhamdi (in primo grado la decisione era di sette anni di detenzione). Il “non luogo a procedere” invece è stato indicato per Giorgio Cannizzaro. Il catanese era ritenuto uno dei punti di riferimento per i collegamenti criminali con i gelesi. Secondo i giudici di appello nisseni, l’azione penale per gli stessi fatti era già stata esercitata in un altro procedimento. In primo grado, gli erano stati imposti tredici anni e quattro mesi di reclusione. E’ stata annullata la sentenza di condanna rispetto alla posizione di Salvatore Arria (in primo grado condannato ad otto anni di detenzione). Secondo il dispositivo emesso in appello, la competenza per le contestazioni che lo riguardano spetta ai magistrati di Latina. Sono state confermate le decisioni già emesse in primo grado, con condanna a sei anni di reclusione, per Francesco D’Amico, Rosario Saccomando, Francesco Angioni, Simone Di Simone. Quattro anni ad Angelo Bernascone. Per questi cinque imputati, c’è stata la riduzione della durata della libertà vigilata.

Nelle motivazioni, i giudici di appello fanno riferimento alle scelte che li hanno condotti a rivedere in parte le pronunce di primo grado, ma sostanzialmente confermano i legami che gli imputati avrebbero avuto con la famiglia di mafia. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto il diritto delle parti civili ad ottenere il pagamento delle spese del giudizio. Nel procedimento, sono costituite l’associazione antiracket “Gaetano Giordano” e il Comune. Tra i difensori, ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Giacomo Ventura, Nicoletta Cauchi, Cristina Alfieri, Vania Giamporcaro, Fabio Schembri, Vincenzo Lepre e Maurizio Forte. A seguito delle motivazioni depositate, i legali probabilmente si rivolgeranno ai giudici romani di Cassazione.

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