Cassazione apre alla liberazione condizionale di Di Giacomo, “sorveglianza riveda gli atti”

 
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Immagini di repertorio

Gela. Il tribunale di sorveglianza di Napoli deve ritornare a valutare la posizione del sessantaquattrenne Paolo Di Giacomo. E’ stato stabilito dalla Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso avanzato dai legali di uno degli ex vertici stiddari, Giulio Bennici e Raffaela Cristofaro. Di Giacomo ha chiesto infatti il riconoscimento del beneficio della libertà condizionale. A suo carico, ha un periodo di detenzione trentennale e per almeno dodici anni è stato sottoposto al regime del 41 bis. Fu condannato anche per fatti di sangue, legati alla sua appartenenza stiddara. Non ha mai scelto di collaborare con la giustizia. Secondo i difensori, ci sono le condizioni per concedergli la liberazione condizionale. Un anno fa, il tribunale di sorveglianza campano disse no, senza dare seguito all’iniziativa difensiva. Per la Cassazione, però, quel diniego va rivalutato. Anzitutto, accogliendo il ricorso difensivo, i giudici romani sottolineano che il provvedimento della sorveglianza è stato emesso senza assicurare un contraddittorio effettivo. Inoltre, secondo i giudici napoletani, negli anni non si sarebbe manifestata alcuna volontà concreta di risarcire le vittime delle sue azioni, attraverso un’iniziativa economica. Punti che i difensori hanno contestato, sottolineando anzitutto che Di Giacomo, negli anni, ha maturato un percorso di vita differente, dedicandosi al volontariato e dando segni di essersi ravveduto. I difensori del sessantaquattrenne hanno sottolineato che “avrebbe potuto essere ammesso alla liberazione condizionale anche in assenza dei presupposti indicati all’art. 176 cod. pen., avuto riguardo all’inesigibilità della sua collaborazione con la giustizia, situazione che avrebbe dovuto essere equiparata a quella dei collaboratori che, ai sensi dell’art.16-novies della legge 15 gennaio 1991, n.8, possono essere ammessi alla liberazione condizionale a prescindere dall’adempimento delle obbligazioni civili”.

La procura generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio. La Cassazione ha deciso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento della sorveglianza, trasmettendo gli atti nuovamente ai magistrati campani. A sostegno della linea indicata dalla difesa, la Cassazione nelle motivazioni rileva che “il risarcimento del danno previsto dall’ultimo comma dell’articolo 176 cod. pen. non può essere considerato come un elemento a sé, ma, piuttosto, deve, nel quadro delle dimostrazioni di ravvedimento che il condannato deve fornire, essere valutato come atto comprovante, con il pentimento e la riprovazione per il delitto commesso, la fattiva volontà del reo di eliminarne o attenuarne, le conseguenze dannose”. I legali, tra i punti avanzati per contestare il provvedimento del tribunale napoletano, hanno insistito sul fatto che Di Giacomo ha sostenuto un periodo di detenzione ininterrotta, per circa trent’anni, che non gli ha comunque consentito di “produrre reddito” e quindi di avere una base economica seppur minima per affrontare un eventuale risarcimento.

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