Clan nel nord Italia, appello “Tagli pregiati”: difese concludono, decisione a dicembre

 
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Gela. La richiesta di confermare tutte le condanne di primo grado risale al giugno di un anno fa e venne formulata dalla procura generale. Nelle scorse ore, invece, le difese degli imputati nel giudizio scaturito dalla maxi inchiesta “Tagli pregiati” hanno concluso per tutte le posizioni. Ora, la parola passa ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta, davanti ai quali sono stati discussi i ricorsi, presentati contro le pesanti condanne di primo grado. Gli imputati vennero considerati organici al gruppo di Cosa nostra dei Rinzivillo, che gli inquirenti ritennero in grado di infiltrare diversi settori economici nel nord Italia. Tutti i legali hanno chiesto di rivedere le decisioni emesse ormai tre anni fa dal collegio penale del tribunale di Gela, dopo un’istruttoria durata anni. I magistrati gelesi condannarono a tredici anni e quattro mesi di reclusione il catanese Giorgio Cannizzaro, a dodici anni e otto mesi Alfredo Santangelo, otto anni ciascuno per Mirko Valente e Salvatore Arria, sette anni e mezzo a Claudio Alfieri e Vincenzo Alfieri, sette anni al magrebino Mhmdhi Jamil, sei anni a Francesco Angioni, Simone Di Simone, Rosario Saccomando e Francesco D’Amico, quattro anni al collaboratore di giustizia Angelo Bernascone. L’assoluzione arrivò per Emanuele Terlati, Roberto Ansaldi, Benito Rinzivillo, Ileana Curti, Giovanna Guaiana, Maura Bartola, Matteo Romano, Patrizio D’Angiò e Salvatore Azzarelli. Gli affari del gruppo Rinzivillo sarebbero stati gestiti attraverso l’apporto dei clan catanesi, per il tramite di Giorgio Cannizzaro e Alfredo Santangelo.

Non sarebbero mancati gli imprenditori di fiducia, scelti per cercare di acquisire finanziamenti costituendo società ad hoc, principalmente in Lombardia. Nodi strategici erano la zona di Busto Arsizio e dell’hinterland di Varese. Le casse della mafia gelese sarebbero state riempite sfruttando settori tradizionali come il giro di droga e le estorsioni. Gli investigatori non hanno trascurato la gestione di manodopera in nero che veniva utilizzata nei cantieri edili. Le parti civili, nel procedimento di secondo grado, hanno seguito la linea dell’accusa, sostenendo la condanna di tutti gli imputati. Sono costituiti l’antiracket “Gaetano Giordano” e la Fai, il Comune di Gela e la Fondazione antiusura padre Pino Puglisi. Gli imputati sono rappresentati, tra gli altri, dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Nicoletta Cauchi, Cristina Alfieri, Vania Giamporcaro, Fabio Schembri, Vincenzo Lepre e Maurizio Forte. La decisione arriverà ad inizio dicembre.

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