Cosa nostra a Niscemi nell’inchiesta “Fenice”, condannati Ficicchia e Albanelli: assolto Blanco

 
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Gela. Assolto Salvatore Blanco, condannati Luciano Albanelli e Alessandro Ficicchia. E’ arrivato il verdetto del collegio penale del tribunale (presieduto dal giudice Miriam D’Amore e a latere Marica Marino e Antonio Fiorenza) al termine del dibattimento scaturito dall’inchiesta “Fenice”. Nove anni e sei mesi di reclusione per Albanelli e Ficicchia accusati di aver avuto un ruolo nella riorganizzazione dell’asse mafioso niscemese e di aver partecipato alla tentata estorsione ai danni dei fratelli Lionti. Il collegio, alla fine, ha accolto le richieste avanzate dal pm della Dda di Caltanissetta Luigi Leghissa. Nel corso della sua requisitoria, ha tracciato le linee fondamentali che avrebbero accompagnato l’azione di ricostruzione del clan di cosa nostra tra Niscemi e Gela. A reggerne le sorti, Alessandro Barberi e Giancarlo Giugno, capaci di incidere nei rapporti con le istituzioni pubbliche (il magistrato ha fatto riferimento all’esito della recente inchiesta “Polis”). Intorno a loro, anche nuove leve come Alberto Musto (coinvolto nell’inchiesta e già giudicato in via definitiva anche se è caduta l’aggravante di essere stato il promotore della rinata organizzazione criminale). Elvis ed Emanuele Lionti, esercenti niscemesi titolari di diverse attività, sarebbero stati avvicinati per la messa a posto. Cinque anni fa venne data alle fiamme un’auto di loro proprietà. Il quadro accusatorio non ha retto solo per Salvatore Blanco, che come ribadito dai legali di fiducia, gli avvocati Luigi Cinquerrui e Vanessa Di Gloria, non avrebbe avuto alcun ruolo nelle vicende ricostruite dagli investigatori. L’assoluzione nei suoi confronti è stata chiesta anche dal pm Luigi Leghissa.

Un ruolo attivo, stando all’accusa, avrebbero invece avuto Luciano Albanelli e Alessandro Ficicchia, che si sarebbero mossi proprio nell’interesse del gruppo mafioso. I loro difensori, gli avvocati Giuseppe Lipera e Salvatore Cavallaro, hanno respinto il quadro accusatorio tracciato dalla Dda nissena. I due imputati, in base alle loro conclusioni, non avrebbero mai avuto rapporti con i gruppi criminali niscemesi né si sarebbero mossi per assicurare i soldi delle estorsioni ai boss. Una linea che però non ha convinto il collegio. Nel dispositivo letto dal presidente D’Amore, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, la Fai, l’associazione antiracket “Gaetano Giordano” (rappresentata dagli avvocati Giuseppe Panebianco e Laura Cannizzaro) e i fratelli Lionti. In aula, invece, non c’erano rappresentanti del Comune di Niscemi, ente inizialmente costituito parte civile. Le difese degli imputati condannati sembrano intenzionate ad appellare la decisione.

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