Fecondo morì sul lavoro, anche un nipote chiede di costituirsi parte civile

 
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L'operaio Giuseppe Fecondo morì dopo l'incidente sul lavoro

Gela. Morì dopo un gravissimo incidente sul lavoro, mentre si trovava in uno dei capannoni aziendali dell’ex area Asi di contrada Brucazzi. Per il sessantaquattrenne Giuseppe Fecondo fatali sarebbero state le ferite causate da una caduta nel vuoto. Dopo la moglie e le figlie, anche un nipote ha deciso di costituirsi parte civile in giudizio. Il dibattimento non è ancora stato aperto, ma la richiesta di costituzione l’ha preannunciata l’avvocato Giacomo Di Fede. L’operaio era arrivato in contrada Brucazzi per l’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto del capannone. Per quei fatti, a processo è finito il titolare dell’azienda per conto della quale l’operaio stava effettuando gli interventi. L’accusa mossa a Davide Catalano è di omicidio colposo. A processo, dopo il rinvio a giudizio, c’è anche la società.

La morte dell’operaio. Stando alle accuse, in quell’area di lavoro non sarebbero state adottate tutte le precauzioni previste dalla normativa in materia. Fecondo morì nell’estate di tre anni fa, dopo l’arrivo all’ospedale Vittorio Emanuele. I medici non riuscirono a salvargli la vita. Intanto, sarà il giudice Miriam D’Amore ad occuparsi del procedimento. Il dibattimento potrebbe essere aperto a giugno. La moglie e le figlie dell’operaio sono già parti civili, con gli avvocati Rosario Giordano e Cristina Guarneri. Il giudice valuterà invece la richiesta adesso giunta dal nipote della vittima. Gli imputati, invece, sono difesi dagli avvocati Fabrizio Ferrara e Francesco Giocolano.

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