Flop area di crisi, conferme Invitalia e Mise: “Ad ottobre scade accordo di programma”

 
0
Lorefice in commissione

Gela. L’area di crisi di Gela, che avrebbe dovuto fare da traino ad uno sviluppo profondo del territorio, non ha dato risultati. Era già piuttosto chiaro e la conferma è nuovamente arrivata da Invitalia e dal Ministero dello sviluppo economico. Nel percorso avviato dopo la chiusura del bando per gli investimenti, che risale al giugno di due anni fa, un solo progetto è stato finanziato, quello della “Brunetti packaging” (che ancora oggi non ha ricevuto le risorse). Le domande per accedere ai venticinque milioni di euro messi a disposizione dal governo e dalla Regione, alla fine, sono state sei (cinque non ammissibili e solo una ammessa). In totale, però, erano state più di 450 le manifestazioni di interesse, che però non si sono rivelate fondate o comunque sono andate a sbattere contro il muro dei criteri finanziari di accesso, piuttosto rigidi. Il protocollo di intesa, che ha segnato la riconversione della raffineria Eni di contrada Piana del Signore, risale al 2014, ma da allora sul piano degli investimenti nulla si è mosso. “L’accordo di programma scade ad ottobre di quest’anno”, ha detto Marco Calabrò, dirigente del Mise, sentito in commissione industria al Senato. Ha risposto alle domande anche del senatore grillino Pietro Lorefice. Come anticipato da questa testata, la commissione decima del Senato ha avviato l’indagine interna sull’area di crisi, con l’affare assegnato. Calabrò ha sottolineato che con la scadenza dell’accordo di programma bisognerà predisporre una nuova fase che però faccia affidamento sulle risorse già esistenti, senza concentrarsi su una totale riforma del Progetto di riconversione e riqualificazione industriale. “Anche nel gruppo di coordinamento e controllo ci sono state difficoltà di comunicazione tra le amministrazioni che ne hanno fatto parte”, ha proseguito il dirigente Mise. Quello dell’area di crisi complessa di Gela è considerato, anche nelle stanze dei tecnici del ministero, un caso emblematico “di ciò che non ha funzionato sulle aree di crisi”. Quella di Gela, sicuramente, è fanalino di coda, con fondi che non sono stati spesi e la necessità di attivare un nuovo bando, senza tempi precisi, a differenza di ciò che era stato comunicato. Per la copertura finanziaria, come ha spiegato anche Paolo Praticò, referente tecnico di Invitalia, si passerà comunque da fondi comunitari a fondi propri del governo, così evitando la scure delle scadenze, che altrimenti farebbero decadere ogni possibilità di un nuovo bando. Anche sull’unico progetto oggi finanziato, quello della “Brunetti packaging” (che assicurerebbe una ventina di posti di lavoro), le interlocuzioni ufficiali sono in corso. “E’ stata chiesta una variazione notevole proprio sul tipo di produzione”, ha detto Praticò. Invitalia cercherà di chiudere prima possibile, con lo sblocco del finanziamento da circa 4 milioni di euro su un investimento totale di 6 milioni di euro. Le ultime comunicazioni ufficiali tra Invitalia e i referenti dell’azienda “risalgono ad inizio aprile”, ha ancora spiegato il funzionario di Invitalia. In commissione decima, al di là dei colori politici, sono sicuri che sull’area di crisi complessa di Gela il sistema abbia sonoramente segnato il passo e i risultati, rispetto anche ad altre aree di crisi italiane, non ci sono mai stati. Invitalia e il Mise concordano comunque sul fatto che le modifiche alla legge 181 sulle aree di crisi potrà agevolare l’accesso anche di imprese con budget più ridotti, ma allo stesso tempo i tecnici ritengono quasi imprescindibile il coinvolgimento di grandi aziende, per progetti di consistenza maggiore. Un percorso partito sette anni fa, oggi non ha prodotto praticamente nulla.

“Sembrerebbe intanto che da Gela si siano presentate difficoltà nell’interlocuzione con le amministrazioni e gli altri componenti del Gruppo che sono divenuti motivi di allungamento dei tempi, tanto che la Corte dei Conti eccepì questo eccessivo scostamento dalle previsioni della norma che tuttavia è stato adeguatamente giustificato per motivi oggettivi. L’accordo di programma, invece, che scade quest’anno, prevede due scenari possibili: riaprire il bando mantenendo il Prri o modificarlo. La seconda strada sarebbe molto più lunga, ma sarà il Gruppo di coordinamento a decidere sul da farsi. Secondo il dirigente, infatti, sarebbe opportuno non tanto ragionare sulla revisione del Prri, ma sulle caratteristiche del nuovo bando, orientando in maniera più precisa ed efficace la sua nuova pubblicazione. Giova ricordare, infine, che le risorse allocate con la legge 181, non sono destinate a una profonda modifica della struttura economica dell’area. La 181 – dice Lorefice – ha effetto più limitato, ma l’azione sull’area di crisi industriale complessa si può comporre anche su altri strumenti quali Contratti di sviluppo o Contratti di innovazione, in grado di attrarre progetti più grandi. Secondo il Mise, quello che è mancato a Gela è stata l’interlocuzione con progetti di grandi dimensioni che avrebbero potuto sostituirsi alla raffineria. Azioni fondamentali per il prossimo futuro sono quindi quelle di scouting di progetti di grandi dimensioni”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here