Industria e malformazioni, il genetista esclude un nesso: “…la spina bifida causata dall’agricoltura!”

 
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Gela. Il nesso tra la presenza industriale in città e le malformazioni non troverebbe fondamento neanche davanti ai dati di ricerca più aggiornati. “Non esiste un fattore ambientale noto…”. E’ il direttore scientifico dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, il genetista Bruno Dallapiccola, a smentire il possibile collegamento. “C’è sicuramente una componente genetica – spiega Dallapiccola – ma per nessuno di questi casi esiste un fattore ambientale noto, sicuro, certo, che agisca da agente causale. Forse, l’unica eccezione è il rapporto tra la spina bifida e gli anticrittogamici, e cioè le sostanze che vengono usate in agricoltura, cui si fa appunto molto ricorso a Gela”. Quindi, niente industria tra le cause delle gravissime patologie riscontrate in questi decenni ma, al massimo, l’incidenza di un’agricoltura “invasiva”. “Non è dimostrabile alcun rapporto di causa preciso rispetto ad un fattore che agisca come nesso di causalità e anzi, se così fosse avremmo fatto una delle più importanti scoperte scientifiche di tutto il mondo”.

I rilievi alla relazione dei periti del tribunale. Dallapiccola, in questo modo, sembra smentire buona parte del contenuto di una vasta perizia redatta nell’ambito di un recente procedimento civile avviato da trenta famiglie colpite da casi di malformazioni. “In quella relazione – continua – si parla di patologie multifattoriali che sono il risultato di un’interazione tra predisposizione genetica e l’ambiente, sia esso urbano che industriale”. Il genetista rincara la dose. “Chiunque sappia minimamente di embriologia – spiega – sa che ognuno di questi difetti ha un rapporto temporale ben preciso con l’ipotetico agente causale e anche un meccanismo biologico e molecolare molto particolare. Ad oggi, non c’e’ nessuna evidenza che vi sia una sostanza ambientale allo stesso modo responsabile di tutti i difetti oggetto di queste patologie”.

“Eni è in buona fede…”. Sarebbe necessaria, quindi, una vasta indagine sul territorio che, secondo l’esperto, Eni si è sempre detta disponibile ad avviare. “L’Eni si e’ sempre detta disponibile – aggiunge ancora – e ciò dimostra la sua buona fede a finanziare questo progetto di ricerca”. Le malformazioni congenite sarebbero, inoltre, una variabile accertata in tutto il mondo. “Il tre percento dei neonati ha un difetto congenito e ciò accade in tutto il mondo per meccanismi variabili come la suscettibilità  genetica e i diversi ambienti nei quali si sviluppa il feto – dice – questo è un tasso fisso della popolazione umana, si chiama rischio di specie e non è azzerabile”. Per il genetista, infine, sarebbe necessario “ascoltare molto attentamente anche i periti di parte,  non strumentalizzarne le dichiarazioni, non alimentare nelle famiglie, già provate dalla malattia, aspettative immotivate e, insieme, di sostenere la ricerca scientifica dei determinati ambientali che, intesi in senso lato, possono contribuire a causare questo tipo di difetti genetici”.

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