Le minacce e il mezzo bruciato alla Roma Costruzioni, due anni agli incendiari

 
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Il video dell'azione di fuoco contro l'autocompattatore della Roma Costruzioni

Siracusa. Due anni di reclusione. I giudici del collegio penale del tribunale di Siracusa hanno emesso il loro verdetto nei confronti di Pietro Crescimone e Giuseppe Casto, accusati di aver dato alle fiamme un autocompattatore dell’azienda gelese Roma Costruzioni, che a Noto gestisce il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. I pm della Dda di Catania avevano chiesto per entrambi una condanna più pesante, a sei anni di reclusione. I giudici siracusani nel dispositivo letto in aula hanno escluso sia il reato di tentata estorsione sia l’aggravante di aver agito per favorire i clan della zona. Giuseppe Romano, titolare dell’azienda, denunciò di aver subito minacce e pressioni. Gli imputati avrebbero imposto l’assunzione di personale a loro vicino. Nell’inchiesta “Piazza Pulita” finirono anche Angelo Monaco, Antonino Rubino e Vincenzo Guglielmino, che a differenza dei presunti complici hanno scelto di non essere giudicati con il rito abbreviato.

In base a quanto emerso, sarebbero stati uomini del clan Trigila a mettere nel mirino la Roma Costruzioni. Romano, però, si è opposto a qualsiasi richiesta, tanto da subire l’incendio del mezzo (per il quale sono stati condannati sia Crescimone che Casto). L’imprenditore, la stessa società, l’associazione antiracket “Gaetano Giordano” e la Fai si sono costituiti parti civili nel procedimento, chiedendo la condanna degli imputati (con gli avvocati Fabrizio Ferrara, Giuseppe Panebianco e Francesco Cagnes). Il collegio penale ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, da definire in sede civile. Il dibattimento invece prosegue per gli altri tre coinvolti nel blitz. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Carmelo Scarso, Junio Celesti e Maurizio Abbascià.

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