L’ex boss collabora da anni, Cassazione: “Per Billizzi no a liberazione condizionale”

 
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Immagine di repertorio

Gela. Fu ai vertici del gruppo locale di Cosa nostra, anche nel pieno della guerra di mafia con la stidda. Da anni, ormai, Carmelo Billizzi (oggi quarantasettenne) collabora con la giustizia, dopo aver preso le distanze dalle famiglie di mafia. Le sue dichiarazioni sono state alla base di importanti operazioni contro i clan. I giudici di Cassazione, però, non hanno accolto il ricorso della difesa, che chiedeva di rivedere l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma, che un anno fa disse no alla liberazione condizionale. Il beneficio è stato chiesto proprio da Billizzi, attraverso il legale che lo rappresenta. Il quarantasettenne si trova in regime di arresti domiciliari ma per la difesa ha dimostrato un ampio ravvedimento, rinnegando il suo passato in Cosa nostra. Sia per i giudici del tribunale di sorveglianza che per la Cassazione, non ci sono ancora le condizioni, a causa anzitutto “della gravità dei reati e dall’entità delle condanne”, che hanno caratterizzato l’excursus di Billizzi. La difesa ha invece fatto leva sulla scelta di collaborare, che ha portato l’ex boss a dissociarsi dalle famiglie di mafia, e ancora sul rispetto di tutte le prescrizioni che gli sono state imposte e su un percorso di rinserimento, che l’ha spinto a svolgere attività di volontariato. Il suo ravvedimento, per i giudici, va ancora approfondito.

Nelle motivazioni emesse dalla Cassazione e pubblicate si legge che c’è “la necessità di saggiare, mediante un opportuno supplemento di osservazione, l’effettività del ravvedimento, nel grado proporzionato alla misura di risocializzazione più ampia concessa dall’ordinamento in sede di esecuzione penale, dopo aver individuato, lungo la via del lavoro e della riparazione del danno, precisi ambiti di possibile avanzamento del percorso di revisione critica”. Anche la procura nazionale antimafia si era espressa per il no alla libertà condizionale.

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