“Maggioranza e opposizione insieme per Pnrr e Pnc”, Cirignotta: “Superare le divisioni”

 
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Il commercialista Vincenzo Cirignotta

Gela. E’ un treno che non passerà più e la città non può permettersi passi falsi. “Bisogna essere capaci di spendere tutte le risorse che possono arrivare dal Pnrr e dal Piano nazionale degli investimenti complementari”. L’appello arriva da un professionista locale, che conosce molto bene la macchina amministrativa, per essere stato più volte consigliere comunale. Il commercialista Vincenzo Cirignotta è convinto che questo non sia il momento delle divisioni politiche. Tutti, maggioranza e opposizione, devono invece remare nella stessa direzione. “La nostra realtà soffre da tempo per le conseguenze di un processo di deindustrializzazione che hanno portato ad un notevole ridimensionamento del tessuto economico e produttivo. La città non può perdere assolutamente il treno del Recovery Plan. L’invito che mi sento di rivolgere al sindaco, all’amministrazione comunale, al consiglio comunale ed ai partiti e movimenti civici, è di superare le divisioni politiche quantomeno nelle scelte dirette all’utilizzo dei fondi del Pnrr e del Pnc”, dice. Cirignotta considera cruciale il passaggio del bilancio di previsione 2022-2024, “che va approvato entro il 31 maggio”, dice. “E’ il termine ultimo previsto dalla legge, oltre il quale si va in gestione provvisoria – continua – lo strumento finanziario è indispensabile per mettere in condizione l’ente locale di utilizzare in modo efficace e tempestivo le risorse del Pnrr e del Pnc. Il Recovery Plan è un’opportunità senza precedenti, che ci deve trovare preparati per utilizzare fino all’ultimo euro. Al sindaco il compito di garantire una proficua collaborazione con tutte le forze politiche, di tenere unita la maggioranza di governo senza tralasciare il contributo delle opposizioni”. Il professionista tocca poi gli aspetti più tecnici di questi programmi di finanziamento. “È opinione diffusa che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenti una occasione unica per il rilancio di questo paese. Il volume delle risorse in ballo è, in effetti, già di per sé, straordinario: come noto, parliamo di 192,5 miliardi di euro di derivazione europea, cui si sommano i 30,6 miliardi del Piano Nazionale degli Investimenti Complementari, con il quale il governo ha integrato il Pnrr avvalendosi di risorse nazionali. Ma che ruolo giocheranno gli enti locali nella partita? Assolutamente centrale, posto che saranno i destinatari di circa il 39 per cento delle risorse in ballo. Buona parte degli obiettivi che il piano si pone sono fortemente ancorati ai territori: dalla digitalizzazione, alle rinnovabili, passando per la riforma della pubblica amministrazione e le semplificazioni in materia di appalti, così come gli investimenti sul sociale: non c’è aspetto del Pnrr che non investirà, in maniera più o meno diretta, le amministrazioni comunali”, spiega. Richiama anche quanto spiegato dal premier Draghi. “Il presidente del consiglio Draghi è stato chiaro nel presentare il Pnrr alle camere. Ha detto che gli enti locali sono i veri attuatori del piano. Questi avranno dunque un ruolo di primo piano nella messa a terra dell’ambiziosissimo pacchetto di riforme, interventi e investimenti che saranno, auspicabilmente, portati a termine entro il 2026. Due le strade maestre attraverso le quali gli enti locali potranno accedere alle risorse del “Next generation Eu”. Da un lato, per le Città metropolitane e gli enti di dimensioni elevate, ci sarà la possibilità di candidarsi per i “progetti bandiera”, i cosiddetti “Flagship”; dall’altra, l’emanazione di bandi ministeriali sul modello del bando per la rigenerazione urbana, attraverso i quali i finanziamenti raggiungeranno anche i Comuni di dimensione più modesta”, precisa.

Ancora una volta bisognerà muoversi per tempo, senza ricadere negli errori del passato, con scadenze magari sforate. “L’unico grande potenziale nemico in questo scenario, zeppo di irripetibili opportunità per il Paese, sembra essere il fattore tempo. I fondi dovranno essere impegnati entro la fine del 2023, e gran parte degli esborsi dovrebbe esser fatta entro il 2024, per potenziarne l’effetto anticiclico. Questo cronoprogramma è lontano anni luce da quelli che sono gli standard del nostro Paese in termini di capacità di spesa dei fondi comunitari. Le amministrazioni pubbliche italiane hanno purtroppo dimostrato negli anni di avere una storica, quasi cronica, incapacità di effettuare sistematicamente valutazioni ex ante dei progetti e valutazioni ex post dei loro risultati. È quindi necessario che tutti gli attori che saranno coinvolti nell’attuazione degli interventi, primi tra tutti gli enti locali – aggiunge – che costituiscono un imprescindibile anello di congiunzione tra Stato e territorio, facciano uno sforzo straordinario per assicurare ritmi senza precedenti in termini di progettazione, attuazione e rendicontazione dell’ambiziosissimo parco progetti per il quale il piano ha gettato le basi. Ad oggi però sono pochissimi gli enti che hanno risorse umane sufficienti per reggere il colpo. Se si considera che, complici i vincoli imposti per anni dalla spending review, gli enti locali hanno perso circa 115.000 unità di personale perse negli ultimi 10 anni, pari a più del 20 per cento del totale, stiamo parlando di amministrazioni in cui molto spesso il numero di dipendenti è ridotto al lumicino. Come più volte ribadito dal ministro Renato Brunetta, questo problema sarà almeno in parte alleggerito dalla possibilità di assumere a tempo determinato figure specialistiche da destinare ai progetti del Pnrr e del Pnc. Per sopperire a tutte queste criticità, è fondamentale, che gli enti locali uniscano le forze e che si muovano sempre di più nella direzione della progettazione condivisa. Solo unendo le proprie forze e facendo rete attraverso le varie forme di associazionismo, più o meno strutturate, dalle convenzioni relative a specifici servizi passando per semplici accordi “di scopo”, magari sotto la guida di specifiche cabine di regia create ad hoc per gestire i progetti. I Comuni possono mettersi in condizione di cogliere l’opportunità del Recovery”. L’appello lo ripete alla fine, “il Recovery plan non ha colore politico”, conclude.

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