Richieste estorsive per un cantiere stradale, Cassazione conferma condanna La Rosa

 
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Immagini di repertorio

Gela. Le motivazioni sono state pubblicate a seguito del ricorso in Cassazione, proposto dalla difesa del cinquantatreenne Maurizio La Rosa. I giudici romani non hanno accolto le richieste, confermando la condanna per l’imputato, che in passato venne considerato ai vertici del gruppo di Cosa nostra locale. La condanna per La Rosa era già arrivata in appello, perché accusato di una tentata estorsione ad un’azienda edile locale. L’imprenditore Roberto Pesarini, ormai diversi anni fa, fu destinatario di richieste di messa a posto, anche per conto dei clan riesini ed agrigentini. La sua azienda aveva ottenuto lavori in un cantiere appaltato dall’ex Provincia di Caltanissetta, in un tratto stradale della 115. Secondo gli inquirenti, La Rosa intervenne, in prima battuta, per fare da tramite, nell’interesse di Cosa nostra locale. Una vicenda che in un altro filone processuale ha portato a giudizio altri due presunti affiliati ai clan riesini e agrigentini.

I giudici di Cassazione non hanno ritenuto fondate le ragioni del ricorso, confermando la responsabilità di La Rosa. Gli investigatori monitorarono quel cantiere. Pesarini, che ha poi scelto di costituirsi parte civile (assistito dal legale Guglielmo Piazza), era già stato destinatario di imposizioni estorsive, anche per altri lavori.

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