“Si affrontarono in corso Aldisio, c’era una pistola”: due condanne ma cade accusa arma

 
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Gela. Durante la violenta colluttazione, scoppiata in pieno giorno nel cuore di corso Aldisio, sarebbe spuntata anche una pistola. Il giudice Ersilia Guzzetta, al termine dell’abbreviato scelto dalle difese, non ha però ritenuto sufficienti gli elementi d’accusa legati all’arma e ha emesso condanne meno pesanti rispetto a quelle chieste dal pm Luigi Lo Valvo. Un anno e quattro mesi di reclusione a Calogero Orazio Peritore e sei mesi, invece, a Massimo Palmieri. Furono i due ad affrontarsi in corso Aldisio e proprio in quei frangenti, secondo quanto riferito dal pm, a Peritore sarebbe caduta l’arma che portava con sé. Prima dello scontro, sarebbero volate parole pesanti e poi i due imputati sarebbero passati alle vie di fatto. L’intera dinamica fu ripresa dai sistemi di videosorveglianza della zona. L’arma non venne mai trovata, anche se secondo l’accusa si trattava di una pistola a tutti gli effetti e non di una semplice scacciacani. Proprio la presenza dell’arma ha indotto il pm a parlare di metodi “da Beirut”, sottolineando il fatto che in pieno giorno sia Peritore, e poi Palmieri, si muovessero con una pistola a disposizione. Sarebbe stato Palmieri, accortosi dell’arma da fuoco caduata a Peritore, ad impossessarsene e ad allontanarsi dalla zona. Avrebbe poi riferito agli investigatori di averla gettata via, ma non fu più trovata e l’accusa non ha mai escluso che l’abbia invece tenuta. Il pm ha chiesto la condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione, per entrambi gli imputati.

Peritore, invece, è stato ritenuto responsabile solo del possesso di circa quaranta grammi di hashish, trovati durante la perquisizione nella sua abitazione; mentre Palmieri è stato condannato per le lesioni causate al rivale durante la colluttazione. I legali di difesa, gli avvocati Cristina Alfieri e Giovanni Bellino, hanno messo in dubbio soprattutto le contestazioni sull’arma, rispetto ad una dinamica dei fatti che gli investigatori riuscirono a ricostruire facendo leva sulle immagini dei sistemi di videosorveglianza. Per i legali, non ci sarebbe mai stata la certezza che si trattasse di una vera arma da sparo.

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