“Tagli pregiati”, fissato giudizio in Cassazione: sedici anni fa il maxi blitz antimafia

 
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Gela. A sedici anni di distanza dal maxi blitz antimafia “Tagli pregiati”, diversi imputati, a luglio, attenderanno l’ultima decisione, quella della Corte di Cassazione. E’ stata fissata l’udienza, a seguito dei ricorsi presentati dai legali di difesa. Gli investigatori, nel 2006, fecero scattare decine di arresti in diverse Regioni. Si ritenne che il gruppo di Cosa nostra dei Rinzivillo fosse riuscito ad infiltrare diversi settori economici, dall’edilizia al commercio, sfruttando appoggi e aziende di favore. La Corte d’appello di Caltanissetta, due anni fa, rivide al ribasso diverse decisioni di condanna, accogliendo punti esposti dai legali di difesa, che impugnarono la sentenza di primo grado. A luglio, invece, sarà la Corte di Cassazione a pronunciarsi. In appello, dieci anni e sei mesi di reclusione vennero decisi per Alfredo Santangelo, mentre in primo grado la condanna era stata a dodici anni e otto mesi. L’annullamento per un capo di imputazione (quello per l’associazione mafiosa), con gli atti che ritornarono ai pm della Dda di Caltanissetta, fu disposto per le posizioni di Vincenzo Alfieri e Claudio Alfieri. Per le altre contestazioni, invece, la condanna risultò ridotta a sei anni di reclusione, a fronte dei sette anni e mezzo disposti in primo grado. Santangelo e gli Alfieri sono difesi dall’avvocato Flavio Sinatra. Ridotta la condanna anche per Gaetano Mirko Valente, da otto anni di detenzione a sei anni. La prescrizione fece venire meno la condanna nei confronti di Jamil Mhamdi (in primo grado sette anni di detenzione). Il “non luogo a procedere” fu indicato per Giorgio Cannizzaro. Il catanese era ritenuto uno dei punti di riferimento per i collegamenti criminali con i gelesi. Secondo i giudici d’appello nisseni, l’azione penale per gli stessi fatti era già stata esercitata in un altro procedimento. In primo grado, gli erano stati imposti tredici anni e quattro mesi di reclusione. Venne annullata la sentenza di condanna rispetto alla posizione di Salvatore Arria (in primo grado otto anni di detenzione). Secondo il dispositivo emesso in appello, la competenza per le contestazioni che lo riguardavano spettava ai magistrati di Latina.

Conferme rispetto all’esito di primo grado, con condanna a sei anni di reclusione, per Francesco D’Amico, Rosario Saccomando, Francesco Angioni e Simone Di Simone. Quattro anni ad Angelo Bernascone. Per questi cinque imputati, ci fu la riduzione della durata della libertà vigilata. Le parti civili ottennero il pagamento delle spese del giudizio. Nel procedimento, erano costituite l’associazione antiracket “Gaetano Giordano” e il Comune. In estate, i giudici di Cassazione si pronunceranno sui ricorsi dei difensori, che chiedono l’annullamento di quanto deciso in secondo grado. Tra i legali di difesa, ci sono gli avvocati Giacomo Ventura, Nicoletta Cauchi, Cristina Alfieri, Vania Giamporcaro, Fabio Schembri, Vincenzo Lepre e Maurizio Forte.

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