Tentarono di imporre aziende di fiducia ad un imprenditore gelese, Cassazione conferma due condanne

 
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Gela. Le condanne erano state definite sia in primo grado, dal collegio penale del tribunale gelese, sia in appello, dai giudici nisseni. Sono diventate definitive con la decisione della Corte di Cassazione, che ha respinto i ricorsi dei legali di Mario Gattuso e Massimiliano Sortino. Erano accusati di tentata estorsione. Per la Dda nissena, agirono nell’interesse dei clan riesini e dell’agrigentino. Imposero la messa a posto all’imprenditore gelese Roberto Pesarini, allora impegnato in un appalto pubblico, bandito dalla Provincia di Caltanissetta per lavori su un tratto della  115 Gela-Licata. Due anni e nove mesi ciascuno di reclusione, a tanto ammonta la pena, per entrambi. In base alle indagini, si sarebbero mossi in una prima fase appoggiandosi a Cosa nostra locale, attraverso Maurizio La Rosa (già giudicato per questi fatti). Successivamente, si presentarono all’imprenditore imponendo loro aziende di fiducia per le forniture.

Ricostruzione esclusa però dai difensori, i legali Lillo Fumo e Giuseppe D’Acqui’, che anche nei precedenti gradi di giudizio hanno messo in discussione la versione che venne fornita dall’imprenditore, che in quel periodo era già stato vittima di richieste dai clan. La Cassazione non ha accolto i ricorsi e le motivazioni sono state pubblicate. Nel giudizio, Pesarini è stato parte civile, assistito dal legale Guglielmo Piazza.

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