Un pomeriggio di ordinaria felicità, quando il calcio ha un’anima sociale

 
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Gela. Un pomeriggio di ordinaria felicità. No, proprio non me lo aspettavo.

Gela-Sancataldese era stata presentata come una partita importante. C’era in gioco l’aggancio al primo posto, è vero, ma parliamo pur sempre di una partita di Eccellenza. Io che ho visto al Presti il Napoli di Reja, il Foggia di Zeman, la Cisco di Paolo Di Canio, il tridente da sogno Carboni-Abate-Levacovich, non avrei pensato di ri-emozionarmi così. Una piacevole sorpresa. Un tuffo al cuore di un passato che tutti speriamo possa tornare. Si, la gara era stata presentata con un bel appeal, condito da polemiche extra calcistiche, ma nessuno avrebbe immaginato di vedere quasi tremila spettatori al Presti. Non accadeva neanche per le gare di Prima Divisione. Non ci credeva neanche Angelo Tuccio, che si era anche stancato di lanciare appelli. Ci credeva invece il buon Maurizio Nassi, che quando con i compagni è uscito fuori dal tunnel ha detto alzando fiero lo sguardo verso tribuna e curva. “Ecco, vedi… questo è il motivo per cui sono tornato. Questo non è un pubblico da Eccellenza. I veri tifosi del Gela sono questi…”.

Alle 14,20 le strade di accesso al Presti sono bloccate. Transenne, poliziotti in assetto da guerriglia ma ecco l’altra sorpresa, fila ai botteghini! Spesso noi cronisti arriviamo anche 10-5 minuti prima del fischio d’inizio e non abbiamo difficoltà ad entrare senza code. Vedere quella fila mi ha lasciato senza parole. Il colpo d’occhio di tribuna e curva sono da brividi. Salendo gli scalini (sporchi come i gabbiotti indecenti della stampa e i bagni) stringo mani e saluto tanti amici che non vedevo nel vecchio impianto di via Niscemi da almeno 5 anni. Roba da non crederci! E pensavo che i ragazzi di Brucculeri non potevano perdere questa occasione di conquistare quella fetta di tifoseria rimasta legata ai fasti della Lega Pro e forse un po’ troppo al calcio da poltrona di SKy e Premium. “Tornerò al Presti quando saremo in serie C”. Ma per tornarci bisogna prima passare da Cammarata, Raffadali e Paceco, non da Foggia e Catanzaro. E sono campi in cui si lotta. Nessuno ti regala nienrte, soprattutto se ti chiami Gela ed hai alle spalle 18 anni di professionismo.

I biancazzurri ci mettono l’anima. Nassi dà l’esempio sbattendosi come un matto, Bonaffini deve fare per due senza Caci vicino, Alma è incontenibile, Pettinato e Campanaro in trans agonistica per tutti e 100 i minuti, Mincica concreto. La Sancataldese fa di tutto per rovinare la festa. Arriva allo stadio con 40 minuti di ritardo, rompe il ritmo con cadute inspiegabili ed improvvise di tutti i suoi giocatori (dieci minuti di recupero in due tempi non sono casuali), gioca sempre dietro la linea della palla. Quando Dolenti toglie le castagne dal fuoco su Alma e Mincica i tifosi imprecano. Il Gela lotta, Alma si fa male ma Floridia ha la voglia di spaccare il mondo. Giocherà benissimo. La gara scema. Si accendono le torri faro e si accende Bonaffini. In tribuna ci sono tanti niscemesi. Il capitano esplode un destro che si spegne dove Dolenti non può arrivare. Quel pallone non lo segna Bonaffini: lo spingono con lo sguardo quasi tremila tifosi che possono sfogare tutta la loro rabbia per il momento più difficile della storia di Gela città.

Dobbiamo avere un’anima sociale”, hanno detto Tuccio e Brucculeri. Avevano ragione. Per due ore i ragazzotti in maglia biancazzurra hanno regalato una gioia alla città. Non risolverà i problemi occupazionali di nessuno ma un segnale l’hanno dato: insieme si vince. Se dirigenza, staff tecnico, giocatori e tifosi formano un tutt’uno il successo non può non arrivare. Se politici, imprenditori, commercianti, operai, operatori dei media remano dalla stessa parte Gela potrà rinascere. Un sogno? Forse, ma il Gela ha dimostrato che si può tornare a sognare. Come ai vecchi tempi. Con la stessa passione. Con le stesse emozioni. Quelle che solo un maledetto pallone che rotola può regalare. Da Favara a Catanzaro… passando per il sogno di una intera città.

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