Anziana morta, sospetti su possibile contagio in ospedale: partono diffide ad Asp

 
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Gela. Un’anziana, ottantacinquenne, morì ad inizio novembre, dopo essere risultata positiva al Covid. I familiari hanno però sempre avuto il sospetto che sia stata contagiata mentre era ricoverata all’ospedale “Vittorio Emanuele”. Subito dopo il decesso, venne presentata una denuncia davanti agli agenti di polizia del commissariato, che intervennero la sera della morte, visto che i familiari iniziarono ad inveire, per rabbia, contro i sanitari del nosocomio. Gli inquirenti hanno intanto acquisito tutte le cartelle cliniche, anche se non è stata disposta l’autopsia. Il legale che rappresenta i familiari dell’anziana, l’avvocato Giovanni Bruscia, ha da poco fatto partire le diffide destinate ad Asp e al nosocomio. C’è la convinzione che dietro al contagio e al decesso possa celarsi un’eventuale responsabilità dei sanitari. L’anziana venne ricoverata ad agosto in ospedale e fu sottoposta ad intervento chirurgico, per una frattura al femore. Dopo circa una settimana, fu disposto il trasferimento in Rsa per la riabilitazione. A fine settembre, un altro ricovero in ospedale, al reparto di medicina, per ulteriori accertamenti. Fino ad allora, non aveva contratto il virus. Intanto, con la ripresa massiccia dei numeri del contagio in città, il reparto di medicina fu convertito in centro Covid e secondo i familiari proprio in questa fase la donna avrebbe contratto il virus, forse per contatti con pazienti già positivi.

Le restrizioni anti-Covid gli impedirono di accedere al reparto e per circa dieci giorni non avrebbero avuto la possibilità di stare con la donna. Pare che solo qualche ora prima della morte, abbiano sentito telefonicamente l’anziana. Poi, la situazione sarebbe precipitata fino alla comunicazione del decesso, che ha scatenato la rabbia di figli e familiari, che si rivolsero anche ai poliziotti, decidendo di presentare denuncia. Adesso, sono state inviate le diffide ad Asp e oltre ad un’indagine penale, potrebbe anche partire un giudizio civile, proprio per responsabilità dei sanitari che ebbero in cura la donna.

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