Il regno Sabaudo non apportò benefici al regno delle due Sicilie

 
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Gela. Nel volume di Rienzo vengono riportati i dati forniti da Pope Hennessy che sostiene: il commercio, una volta fiorente nelle regioni nel sud dell’Italia, ora si era drasticamente ridotto, sicche un florido partner commerciale era stato sostituito da un mercante alleato politico. Così il dispotismo Borbonico era stato sostituito dal pseudo liberalismo di Vittorio Emanuele II. Ma la denuncia di Lennox era improntata sulla dura repressione dei briganti, “che è virtualmente una guerra civile, non un movimento spontaneo contro l’occupazione straniera” e le condizioni delle prigioni a Palermo, Napoli, Salerno, Fenestrelle, alcune delle quali aveva ispezionato di persona, erano pessime. Lennox denunciava anche la soppressione della libertà di stampa, con 27 giornali tolti dalla circolazione a Napoli. Così, l’autore, denunciava “che con l’appoggio ai Savoia la Gran Bretagna aveva favorito l’instaurazione di un regno del terrore”.

Il dibattito sulla questione italiana divideva anche l’opinione pubblica in Francia dove il partito conservatore, il partito cattolico e la corrente legittimistica, capeggiata dall’imperatrice consorte Eugenia erano contrari alla formazione di uno stato unitario nella penisola. Mentre una forte corrente democratica aveva visto con favore l’impresa Garibaldina. Tra questi lo scrittore francese Victor Hugò che aveva deplorato gli eccessi della repressione Sabauda contro il brigantaggio. Charles Garnier che nel pamphlet “Il regno delle due Sicilie del 1866” metteva in evidenza i danni causati alle regioni meridionali del processo unitario. In accordo con le tesi del De Sivo Giacinto che rimarcava una era dell’oro Borbonica nei decenni preunitari, sottolineando le bonifiche agrarie compiute, la nuova rete stradale, le eccellenze dei poli industriali e cantieristiche, gli investimenti nella marina mercantile, che da sola era più grande dei navigli di tutti gli stati italiani preunitari messi insieme. La questione italiana fu molto dibattuta in Europa, particolarmente in Gran Bretagna e Francia, oltre a un vasto dibattito sui giornali. Tra i primi a lodare la benevole politica di Lord Palmerston fu il deputato conservatore Pope Hennessy che, il 14 marzo 1861, condannava la protezione dei convogli britanniche che sostenevano le forze Garibaldine alla spedizione dei mille. Condannava la dura repressione Sabauda verso le insorgenze dell’armata dei piemontesi. Il brigantaggio politico non può essere considerato alla stregua della criminalità comune. Michele De Sangro, duca di Casacalenda, sosteneva che il regno Sabaudo non apportò al regno delle due Sicilie nessun beneficio politico e sociale. Le prigioni sovraccariche di detenuti, le isole piene di deportati, i forti riboccanti di sospetti, le finanze depredate, le fucilazioni senza processi, crescenti ogni giorno, le imposte decuplicate. Beniamino D’Israele, nel suo viaggio inchiesta a Napoli e nel Salernitano, dopo la promulgazione della legge Pica agosto 1863, riportava le impressioni sul funzionamento della giustizia, sulle condizioni carcerarie nelle regioni meridionali annesse al regno d’Italia. La nuova rete stradale, le sistemazioni dei poli industriali e cantieristiche, gli investimenti nella marina mercantile, che da sola poteva rappresentare tutto il naviglio degli stati preunitari messi assieme. Nel suo testo Giacomo Savaresi, “Le finanze Napoletane e le finanze prima del 1848 e il 1859”, avevano registrato il modesto disavanzo di circa 134 milioni, mentre quello Sabaudo, nello stesso arco temporaneo il deficit ammontava alla cifra di 369 milioni. Sono stati messi in evidenza i pesanti interventi dell’esercito piemontese contro il grande brigantaggio dell’Italia meridionale, prima e dopo la legge Pica. Liborio Romano finalmente prende la decisione di sostituire la polizia ufficiale con i camorristi e Salvatore De Crescenzo (capo dei camorristi Napoletani), viene nominato Prefetto della città, per cancellare i peccatucci dei criminali. Diventarono Commissari e Ispettori di polizia facendo entrare nel giro uomini come Nicola Jossa, Ferdinando Mele, Nicola Cofussi e tutti i capi camorra dei quartieri rinomati delle piccole città attorno a Napoli. Caserta, Marcianese, Santa Maria Capua Vetere, che rispondono ai vertici Napoletani delle sette che approfittando della nuova posizione di vantaggio, fanno il bello e cattivo tempo nella città Partenopea. Oggi tutta la cultura italiana e gli storici prezzolati, cercano le origini della malavita organizzata al sud. Lo stesso lavoro fu fatto da Garibaldi con il nostro grande letterato e sociologo Francesco Crispi nella Sicilia di allora. L’operazione fu ripetuta dagli Anglo-Americani subito dopo la seconda guerra mondiale. I legami che si sono creati negli anni a seguire, sono tali e tanti che qualsiasi imbecille che esamina i dati storici ufficiali non può non riconoscere gli stretti legami della malavita organizzata con il contesto sociale nel meridione d’Italia. Considerato i diversi tentativi fatti per eliminare questi stretti contatti assimilati negli anni, nessuno può dire che la malavita organizzata sia stata eliminata. Solo il nostro grande ex Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napoletano, ha potuto dichiarare ai magistrati che non esistono legami tra la politica e la malavita. Solo un grande uomo della sinistra poteva fare una affermazione di quel genere, perché alla sinistra è permesso tutto. Infatti se a qualcuno capitasse di leggere il libro di Palamara e Sallustio, capirebbe che la malavita regna sovrana nel CSM e in tutti gli organismi speciali dello stato Italiano, comandati dalla così detta Magistratura Democratica. Se poi avessimo voglia di aggiungere un altro elemento maturato nel tempo è risaputo dalle persone dominanti, che la mafia abita dove esiste il denaro e il potere in questi ultimi quasi 200 anni è stato gestito dai benefattori del nord, che si sono impegnati a finanziarla e a coccolarla per i propri interessi. Ai nostri soloni politici e detentori del potere assoluto, vogliamo solo raccomandare che è arrivata l’ora di finirla con tutte queste corbellerie, in particolare quella che la mafia ha origine antropologiche, perché ogni persona che scrive libri di mafia può dire tutte le stupidaggini o corbellerie che ritiene opportune, tanto non toccano o offendono nessuno con la nuova morale voluta dalla globalizzazione Europea.

(Dino Messina- Italiani per forza)

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