Il tentato omicidio di Settefarine, un carabiniere: “Raitano sparò con un revolver”

 
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Gela. “Pensiamo che Ruben Raitano abbia sparato con un revolver. Vennero effettuate delle ricerche nella zona, anche insieme a lui, ma l’arma non fu trovata”. A descrivere la presunta dinamica di quanto accadde tra le strade di Settefarine, nel marzo di un anno fa, è stato il tenente dei carabinieri Michele Cerri. Il militare partecipò alle indagini successive agli spari che sarebbero stati esplosi dall’arma impugnata dal ventenne Ruben Raitano, adesso a processo con l’accusa di tentato omicidio plurimo. Almeno un colpo raggiunse uno dei suoi rivali. Il proiettile, però, si incastrò in un portasigarette d’argento che l’uomo aveva in tasca. Il giovane imputato, difeso dall’avvocato Cristina Alfieri, avrebbe risposto in questo modo ad una precedente aggressione subita. “Da quanto abbiamo potuto ricostruire – ha detto ancora il carabiniere rispondendo alle domande del pm Ubaldo Leo – Raitano, dopo un primo confronto con tre uomini, si allontanò per poi ritornare sul posto. Bloccò l’auto dei tre. Prima, l’arma si inceppò, poi sparò colpendo la vettura e raggiungendo anche il portasigarette che uno di loro aveva in tasca”.

L’arrivo dei carabinieri. Al momento dell’arrivo dei carabinieri, l’imputato e i tre rivali si erano già allontanati. “Arrivammo nella zona di via Duccio da Boninsegna – ha spiegato ancora il testimone – e trovammo due auto. In una, c’erano la moglie di Raitano, che lo stava cercando molto preoccupata, e la madre. C’erano anche dei bambini e i vetri della vettura erano rotti”. La difesa, infatti, ritiene che i tre rivali del giovane imputato l’avessero comunque minacciato. “Riteniamo che dopo gli spari – ha concluso il tenente – i tre avessero cercato di raggiungere Raitano che, però, si era ormai dato alla fuga”. La dinamica venne ricostruita anche attraverso le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza della zona. Davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Ersilia Guzzetta e Tiziana Landoni, è stato sentito anche un altro carabiniere che effettuò perquisizioni nelle abitazioni dei sospettati.

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