La mafia bene organizzata al nord, da cui viene finanziata, continua a gestire l’Italia

 
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Gela. Abbiamo accennato, nel numero precedente, di uomini valorosi che si associarono al grande statista Cavour e al grande eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi per sconfiggere il regno borbonico, nel 1860. ancora integro di oltre 80.000 uomini bene armati ed equipaggiati. La battaglia decisiva per entrare a Palermo era stata comprata da Cavour con l’oro dei fratelli Massoni delle logge inglesi, scozzesi, americane e canadesi. Le piastre turche, che ammontavano a tre milioni di franchi francesi in piastre d’oro turche più un milione di credito in ducati fatto aprire da Cavour a Napoli presso il banchiere De Gas, a che cosa dovevano servire se non per comprare la fedeltà di uomini per quella guerra “sporca” di conquista coloniale? Lo stesso Massimo D’Azeglio ridimensiona il mito dell’eroe Garibaldi scrivendo: “nessuno più di me stima ed apprezza il carattere e certe qualità di Garibaldi, ma quando s’è vista una armata di 60.000 uomini conquistare un regno di sei milioni, con la perdita d’otto uomini, si dovrebbe pensare che c’è sotto qualcosa di non ordinato, che non si trova dappertutto, e non credersi per questo d’essere padrone del globo”.

Sicuramente, l’oro massonico e quello Cavourriano utilizzato per corrompere ufficiali e dignitari borbonici come il Generale Landi, che ordinò il 15 maggio 1860 la ritirata dei suoi uomini a Calatafimi, proprio nel momento in cui i suoi uomini al comando del Maggiore Sforza, riuscivano a strappare la bandiera ai Garibaldini. Il generale Landi con quella ritirata si assicurava una pensione di 14.000 Ducati d’oro. Quale la sua sorpresa quando al momento della riscossione si accorge che l’importo è solo di 14 ducati? Dell’avvenimento ne parla Giacinto De Sivo. Il generale Landi, fu sostituito con il generale Ferdinando Lanza. Intanto il generale Garibaldi curava le relazioni con i suoi amici inglesi ricevendoli con tutti gli onori nelle proprietà del barone Riso a Misilmeri e il 26 maggio brindò con tre ufficiali della marina britannica assieme a dei picciotti del barone per incrementare le sue forze militari. Questi uomini sbarcarono dalla nave inglese “Hannibal”, ormeggiata, come tante altre, al porto di Palermo.

Intanto, a Palermo Lanza era sempre più nervoso con i suoi diciotto mila uomini accasermati, mentre lasciavano senza difesa le porte Sant’Antonino e Termini. Garibaldi, invece, rinforzava il suo esercito con altri 3.500 picciotti raccolti tra la delinquenza siciliana, brutti ceffi armati fino ai denti, che accompagnavano ovunque il Garibaldino Cesare Abba. Un’altra figura di patriota fu Giovanni Corrao che con la collaborazione di Rosolino Pilo, si era impegnato nel mese di aprile a infiammare la Sicilia ma misteriosamente fu assassinato nel 1863. Le indagini sulla sua morte, portarono alla scoperta del termine mafia e tutta l’Italia unitaria, fu costretta a riflettere da quel momento in poi sul termine mafia. Con Giovanni Corrao, cambiano i venti della storia e i ricchi latifondisti e i baroni Sant’Anna di Alcamo, il cavaliere Giuseppe Coppola, assieme ai picciotti, per mantenere il controllo del territorio e rimanere al passo con i nuovi tempi, dovettero adeguarsi alla nuova situazione. Così tutti i capi della mafia, ben organizzati, si spartirono i ruoli per lavorare con impegno e serietà e Giovanni Battista Marinuzzi di Carini si occupò dei rifornimenti, mentre Giuseppe Bruno di Belmonte Mezzano curò i collegamenti fra diversi gruppi, Salvatore La Barbera e Salvatore Nicolò Ramacca gestirono l’arsenale con la sua manutenzione, Andrea Sodano di Piana dei Greci si interessò della rete degli informatori e il servizio degli informatori e degli esploratori fu affidato ad Andrea Guidara, di Boccadifalco, con Rosario Salvo di Pietraganzili.

Queste squadre di picciotti molto organizzati, in numero di 20 persone, si dimostrarono molto efficienti in una sorta di guerriglia per bande intercettando portaordini, ammazzando soldati che sbandavano e in questo caos Giuseppe Coppola, assicurò a Garibaldi la fedeltà di oltre 700 picciotti con un carico di munizioni Inglesi e viveri per i volontari, mentre Calogero Amari Cusi, altro uomo d’onore, gli portò seicento picciotti.

Per entrare a Palermo, Corrao, presentò al generale Turi Miceli capo della mafia di Monreale e tutti insieme, la mattina del 27 Maggio del 1860, per le vie secondarie partirono per Palermo. Questa era l’armata Brancaleone che sconfisse l’esercito regolare formato di ottantamila soldati del re Francesco II di Borbone. Oggi gli storici, biografi ufficiali dei piemontesi, si chiedono scandalizzati se esistono rapporti tra potere politico e mafia? Ascoltando l’ex presidente della repubblica Napoletano, uomo onesto e sincero, non esiste nessun rapporto, perché lui personalmente con tutti i suoi componenti politici. l’indomani degli accordi, ha fatto dimettere tutti i mafiosi coinvolti liberando il sud dalla malavita organizzata, cosi gli uomini come Liborio Romano, Giuseppe Garibaldi, Camillo Benso Conte di Cavour con tutti gli uomini del risorgimento italiano hanno potuto scontare le loro malefatte. Oggi la mafia bene organizzata al nord, da cui viene finanziata, può continuare a gestire l’Italia senza nessuna opposizione, così i processi a Falcone e Borsellino, non trovano il tempo e il modo per dare una soluzione e poterli risolvere. Ma dopo le affermazioni dei nostri Presidenti della repubblica Italiana, possiamo essere certi che i processi non troveranno mai una soluzione. Fino a quando il latifondo continuerà ad essere considerato piaga dell’Italia intera e non solo del meridione e la mafia, altra piaga voluta dal nord, tutto rimane come prima e i nostri grandi soloni, possono continuare ad esercitarsi per inventare balle pur di asserire che il sud era povero e il nord ricco dimenticandosi che le città d’Italia più ricche nel 1860 erano Napoli e Palermo e non Torino e Milano. La prima ferrovia fu la Napoli-Portici e il primo teatro fu il San Carlo di Napoli e non la Scala di Milano e il primo osservatorio nacque a Napoli. In tutti i campi dello scibile umano, il meridione prevaleva sul settentrione fino al 1860, subito dopo tutto cambiò, spariscono le imprese del sud e per volontà della divina Provvidenza Manzoniana nascono quelle del nord, nascono le infrastrutture al nord, sempre per la stessa volontà Divina, il sud non progredisce perché tutte le attività vengono vietate. Attenzione non per cattiva volontà dei nostri santi liberatori, ma solo per l’intervento della divina provvidenza Manzoniana, che tutto aveva avuto il sud e poco il nord. Così grazie alla religione dell’ateo Manzoni, nel 1860 tutto procede per il verso giusto, il Manzoni può non considerare la legge Pica come una punizione per il sud, può non tenere conto della soluzione finale imposta da due governi Sabaudi perché tutto è previsto dalla Divina Provvidenza Manzoniana. Con tutte le città più importanti del sud governate dalla mafia, per volontà di Garibaldi e di Cavour e dalla camorra ad opera di Liborio Romano il giuoco è fatto il governo unitario può essere costituito e le leggi in favore del nord possono tranquillamente essere approvate all’unanimità. Il sud della penisola, sempre più povero e sempre mal governato, può continuare ad esistere per giustificare il comportamento degli uomini del nord convinti che il sud affamato è stato sostenuto con le risorse del nord e non con il ladrocinio operato dai nordisti, facendo sparire tutte le attività produttive che esistevano al sud a cominciare dal Banco di Napoli, dalla Banca di Sicilia.

Lasciando emergere la Banca nazionale Sarda, gestita dal direttore Carlo Bombrini degno compare di Cavour, che pur non avendo nessun requisito necessario, dopo alcuni anni si trasforma in Banca d’Italia e assume la carica di amministratore. La Banca Nazionale Sarda, subito dopo l’unificazione viene autorizzata ad aprire succursali in tutte le regioni dell’Italia di allora lavorando senza nessuna copertura finanziaria ma solo utilizzando le baionette dei militari piemontesi. Così una banca che ha operato in Sardegna senza nessuna copertura finanziaria, diviene, in virtù dell’unificazione dell’Italia, Banca centrale e perciò Banca d’Italia. Pur di soddisfare le esigenze del nord dell’Italia, ogni cosa trova soluzione senza incontrare ostacoli di sorta. Il Banco di Napoli e il banco di Sicilia, da quel momento in poi trovano tutte le strade sbarrate e sono costretti dai nostri salvatori a chiudere definitivamente i battenti perché la loro politica fuori dai canoni mafiosi non poteva andare in contrasto con le strutture create con la partecipazione della malavita organizzata, dove gli utili dovevano essere divisi con la mafia o la camorra perché questi devono vivere nel nuovo ordine delle cose, creato dall’Italia unita. Questo nuovo ordine creato per unificare l’Italia ha cancellato, con il suo ateismo, tutti i principi morali e religiosi della cultura occidentale, instaurando la politica del laissez faire dove ognuno è libero di fare quello che vuole tanto la giustizia è occupata a difendere i propri interessi e quelli della casta e non può dedicarsi a difendere gli interessi dei cittadini. Questa l’eredità che i nostri liberatori hanno lasciato a noi posteri. Infatti, Indro Montanelli, nel suo testo Storia dell’Italia, in particolare quando accenna al risorgimento Italiano e al momento della morte di Cavour, i piemontesi avevano dato l’ordine di capire se nel momento finale il Cavour si fosse convertito alla religione cattolica o fosse rimasto ateo come si era proclamato durante la sua esistenza.

La confessione alla chiesa cattolica serviva alla casa Savoia per trovarsi preparato dinanzi al Papa e con le carte in regola in funzione dell’occupazione della città del Vaticano. Il prete poverino non poteva assolutamente pronunciarsi sulla confessione ed è rimasto il dubbio amletico sulle ultime parole di Cavour. Così, anche il nostro più grande scrittore siciliano sulla veridicità della storia risorgimentale era preoccupata di tramandare ai posteri la conversione al cattolicesimo del grande statista Cavour piuttosto che mettere a conoscenza di noi compaesani un suo minimo pensiero sul risorgimento voluto a forza dai nostri benefattori piemontesi. Forse anche lui prezzolato, non poteva dire altro che quello dettato dai liberi pensatori piemontesi. Oggi in tutti i libri di testo delle scuole dell’obbligo, la storia del risorgimento italiana è trattata in poche righe che il meridione era povero, incolto, e in mano ai briganti e alla malavita organizzata mentre i dotti storici che si sono impegnati in studi più profondi, asseriscono che il perdurare del latifondo ha messo in crisi l’economia meridionale. Ma noi cittadini di questo regno dotto, ci siamo chiesti: il latifondo esisteva al nord come al sud? Però il sud viveva, il nord emigrava. Subito dopo l’unificazione il sud muore di fame e il nord si sviluppa. A parte i miracoli della divina provvidenza Manzoniana al nord non credete che ci sia stato un miracolo umano diverso? In questo caso, le preghiere Manzoniane non sono servite a niente perché false come lui.

2 Commenti

  1. Dunque, vediamo: dice Maganuco che la mafia, finanziata dal nord (che è un punto cardinale), può gestire l’Italia. Poichè “il nord” è parte dell’Italia, “il nord” finanzia la mafia perchè possa gestire “il nord”. Come diceva Leonardo Sciascia a proposito dell’uso corretto della lingua italiana, “l’italiano non è l’italiano, l’italiano è il ragionare”.

  2. P. S. Informo Luigi Maganuco che il 7 agosto, sul giornale “La nuova Padania” Roberto Gremmo ha pubblicato un articolo – Garibaldi e i predatori del sud – che contiene tutte, ma proprio tutte le panzane che ci sono in questo suo contributo. Come si spiega che neosuddisti e indipendentisti padani scrivano le stesse cose?

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