Mare, Draga and Rock’n’roll

 
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È arrivata!

Non sapevamo neanche che forma avrebbe avuto, quale sarebbe stato il suo peso, da quali colori sarebbe stata cinta.

Praticamente un parto, che non sai mai a chi somiglierà davvero – il bimbo – quale sarà il suo peso, di che colore avrà gli occhi. Cerchi di immaginarlo, ti sforzi e poi liquidi tutto con “speriamo che sia sano”, ma tanto poi lo sai che ricominci a immaginartelo!

Ecco, sembrava più o meno così finché, partorita dal tempo e dal mare e dal rock’n’roll delle promesse gridate e poi sussurrate, la draga è arrivata. Anzi, è nata.

Bene. Metafora finita che se la dovessi sciorinare troppo poi finirei a parlar di poesia e qui, invece, di poetico non c’è nulla. Anzi, non v’è poesia in queste grigie parole. C’è il mare, la draga e il rock’n’roll.

Poetico? No, rumoroso come le onde. Pesante come la draga e la sabbia che ci infogna. Immortale come il rock’N’ roll.

Alla notizia dell’arrivo della draga vi ho visto impettiti. Sembrava quasi l’aveste portata in spalla, sta draga!

Anzi, per un attimo, la città sembrava pure davvero videosorvegliata, dalla draga però! E da chi, la draga, l’ha voluta.

Ecco, il mistero si infittisce perché, se chiedi a qualcuno della politica gelese chi ha voluto la draga, tutti alzeranno la manina, ma se chiedi loro perché siamo arrivati al punto di doverla avere e quindi,udite udite, perchè non abbiamo il porto… beh! In quel caso saranno troppo sordi per sentire. Sordi come ad un concerto rock in cui, il vicino che si dimena, ti chiede aiuto perché ha un malore e tu credi stia ballando e balli e canti più forte. E lo ignori.

E poi lui muore.

Insomma, la draga c’è e il mare pure, ma manca il rock’n’roll.

Ecco il rock’n’roll, questo è il vero protagonista del nostro tempo. Solo che, questo è il caso in cui l’assente diventa protagonista a dispetto dei tanti presenzialisti che invadono le lande insabbiate.

E il protagonista è il rock’n’roll…la sua assenza.

Quello che suona adesso, da molto tempo, sembra più adatto ad una balera, dove – un tempo -si faceva rock e adesso , al massimo,s i balla l’hully gully o che ne so, uno di quei tristi balli di gruppo…tutti disposti in fila, chi finisce in fondo sbaglia tutti i passi e spera che nessuno lo noti,mentre l’altro, il saputello del latino americano che pensa di esser tanto rock, se ne sta davanti sentendosi leader e pavoneggiandosi del fatto che tutti lo stiano seguendo.

Ecco, appunto, ma noi chi stiamo seguendo? No, perché pure in prima fila mi sembra di vedere passi strani, non sincronizzati. In terza fila poi, qualcuno sgomita e vuol sorpassare tutti. Se lo vuol fare dire, “sei tu il Salvatore! Sei tu che mi porti al porto!”.

“Sì, ti Porto al Porto. Ti Porto al Porto e la levo con le mani quella sabbia, mi tuffo e non mi tappo il naso e me la mangio quella sabbia, son più bravo della draga!”.

Sembrava rock’n’roll e invece è una balera. Anzi no, è un mercato rionale del pesce, pesce morto, avariato, che ha mangiato altri pesci e ha vomitato sabbia. Sabbie mobili per Gela, principessa afflitta, donna stuprata nelle balere, donna senza porto sicuro in cui tornare, tirata di qua e di là dal gruppetto di turno, sempre in attesa, con le navi lontane, attraccate in altri porti.

La draga è arrivata.

Il mare ce l’abbiamo, non ve lo potete bere.

Si attende il rock’n’roll.

Nel frattempo, fate la danza della draga che a noi, ci importa del dopo. Dopo la draga.

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