Varata a Castellammare di Stabia la “Amerigo Vespucci”, vanto della Marina Militare

 
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Nella foto il varo dell'Amerigo Vespucci a Castellammare di Stabia (Napoli).

Gela. Il re Ferdinando, dopo la rivoluzione provocata dai moti rivoluzionare del 1848, cercò di muoversi con un pò di cautela, pensando a costruire porti, a bonificare terreni, costruire nuovi ospizi, banche e tollerava pochissimo la borghesia saccente e rapace, cioè quella dei cosiddetti “galantuomini”. Non fu fortunato perché nel napoletano esisteva la borghesia delle professioni degli studi, “pennaruli e pagliette” cioè quelli che aveva cacciato suo nonno da Napoli che erano legati a doppio filo con gli stranieri per ragioni ideologiche.

Ferdinando, questa classe media, l’ebbe tutta all’opposizione della sua politica, mentre esisteva un’altra classe media che non si interessava della cosa pubblica e lasciava fare agli altri, perché non voleva nessuna responsabilità da condividere. Esisteva ancora un’altra borghesia, quella terriera che soffriva moltissimo, chiamata la reintegrazione amministrativa dei domini usurpati al popolo che si mescolavano spesso nella medesima persona. Nei 4 anni dal 1850 al 1854, parte di questi beni furono integrati nel demanio comunale, terreni usurpati e divisi in sorte ai bisognosi agricoltori. Si fa presente che i galantuomini erano quelli che pretendevano che non si facessero minimi soprusi alle quote minoritarie affidate ai più poveri, perché erano quelli che finanziavano i briganti come a Rionero in Vulture le famiglie Fortunato e Catena. Si capisce cosi la tenacia dello Stato nel sostenere i diritti del popolo basso. Riportiamo una nota dell’almanacco del Regno delle Due Sicilie del 1854 l’elenco di una sequenza di opere: nei domini continentali, un totale di 761 stabilimenti diversi di beneficienza, oltre 1131 monti frumentari e dei monti pecuniari, delle casse agrarie e di prestanza e degli asili infantili. Degli anzidetti monti frumentari, 21 esistevano nella provincia di Terra di Lavori, 114 in Principati Citeriore, 206 in Basilicata, 95 in Principati Ulteriore, 42 in Capitanata, 14 in terra di Bari, 16 in terra d’Otranto, 40 in Calabria Citeriore, 152 nella provincia di Molise, 92 nell’Abruzzo Citeriore, 141 nel 2° Abruzzo Ulteriore, 110 nel 1° Abruzzo Ulteriore. In Palermo si trovavano 28 istituti per opera di beneficenza, vedi “Opere Pubbliche di là del faro”.

E’ inutile dire che sopraggiunti i nostri liberatori (Garibaldi, i piemontesi e i tosco padani) subito si avverò la profezia biblica, tutti i monti saranno spianati e ogni via aperta, per i ladroni, si capisce. Eppure questi monti aiutavano moltissimo la povera gente dando per esempio la sementa per la semina, ma questo era paternalismo, condannato dai rivoluzionari d’ogni sorta. Che importa se il povero non mancia o va nudo? che importa se muore di stenti? Il motto di Garibaldi, continua ad esistere: Garibaldi è venuto a far guerra alla povera gente. Anzi a fare più grosso il galantuomo, non si chiamava galantuomo il nuovo re di Sardegna? E galantuomo, per il cafone ha sempre voluto dire, signorotto, prepotente, padrone e di quella medesima razza si dicevano gli zappaterra. Insomma, il nuovo re con il pizzetto e i baffoni, non piaceva al re Ferdinando II che non portava niente in viso, non andava a donne, possibilmente villane, per le fratte, con il pretesto di andare a caccia, “ma se fosse vissuto ancora una generazione, avrebbe mutato quel popolo che dal ’30 al ’60 non aveva mai goduto di tanta prosperità in un complesso di uomini dove minor furore spirasse da giurisdizionalisti, illuministi, giansenisti, unitari e simili”. Intanto, Ferdinando, non era in quel periodo in cerca di villane o di nobildonne, ma a tirarsi le maniche e darsi da fare per il paese, pensando a costruire strade che furono: l’Amalfitana, la Sorrentina, la Frentana (iniziata ma non compiuta per il sopraggiungere dell’unità). L’ultima approvata da Ferdinando II contava di ben tre gallerie e di molte miglia attraverso l’intero massiccio della Maiella e il principato esterno, la strada della costiera Adriatica, la strada di Sora che portava a Roma, la Sannitica per mettere in comunicazione l’Abruzzo con la Capitanata, l’Aquilonia per aprire il commercio al Molise e congiungere il Tirreno all’Adriatico, la Sannita che arrivava attraverso Campobasso a Termoli e così in soli 4 anni dal ’52 al ’56 furono costruite ben 76 nuove strade provinciali e comunali. Tra i ponti quello sul Garigliano, sospeso a catene di ferro, il primo in Italia e tra i primissimi in Europa. E poi ancora bonifiche, porti, fari, scuole, arsenali, navi, 6913 tonnellate di barche diverse, le industrie e le scuole e per gli stabilimenti citiamo soltanto, quello di Mongiana, di torre Annunziata, Pietrasanta e le reali seterie di San Leucio, in cui volle che si producessero le più belle sete d’occidente. Questo era il regno delle due Sicilie, incontestabilmente la più florida regione di tutta l’Italia unita, perciò a cose fatte si volle incamerare e portare via quel che fosse comodo, sopprimere quel che poteva dare noia alla concorrenza del nord e dimenticare il resto, per togliere ogni traccia. La maggior parte delle cose, furono portate al nord per piemontizzarsi e farsi così più civile e progressista. “I colonnelli piemontesi, pensarono a rizzar la schiena ai malinconici meridionali, fu stimolata la furia teologica dei “galantuomini” transalpini col semplice machiavello di cacciare via dal regno  gesuiti, barnabiti, scolopi, monache e frati, furono incamerati le mense vescovile, terre e i beni delle disciolte congregazioni religiose, si mise mano alle ricchezze delle banche e ai beni dei privati, e insomma con le buone o le cattive impinguare la borsa e rassodare le perigliose coscienze laiche e unitarie. Il contadino rimase a bocca asciutta, perché non aveva più un tozzo di pane da masticare e doveva pagare più tasse e gabelle che fino a quel momento sconosceva e per la prima volta nella sua vita, si vide sequestrato il campo, la capanna, il mulo, il maiale dal grande benefattore, che fu il grande riscatto. Durante i primi 5 anni dalla liberazione, si triplicarono i tributi e le tasse, ma la terra continuò a produrre meno quantità di prodotti e non aumentò il suo valore. Altro dato statistico significativo è che il numero dei morti fra maschi e femmine, nel 1862 superò di 1.400 unità quello delle femmine e l’anno successivo di 750 unità.  Non si fanno più contratti e in due anni la proprietà è concentrata nelle mani di pochi ricchi, degli speculatori, degli usurai e dei manipolatori.

La Napoli del 1800, fu il centro della moda maschile in Europa, molto richiesti erano guanti, scarpe dall’alta borghesia europea da cui si facevano confezionare abiti su misura dalle sartorie partenopee, cravatte a sette pieghe, la spalla alla Napoletana e la manica a mappina e per sviluppare il commercio marittimo furono costruite moderne unità navali con propulsione a vapore, fu fondato nel 1783 il regio arsenale di Castellammare di Stabia, ispirato dalla regina Maria Carolina, che chiamò a Napoli l’esperto tenente Generale John Edward Acton. Nel 1818, tra i numerosi vari, segnaliamo il Ferdinando I e nel 1831, il primo piroscafo da crociera, velocissimo all’epoca con i suoi 120 cavalli contro gli 80 dei francesi e la prima nave a propulsione ad elica, il Giglio delle onde del 1847.

Ma dal varo della nave Menarca, l’ammiraglia del regno delle due Sicilie i cui disegni  dell’ingegnere Napoletano Felice Sabatelli, fu ricavata nel 1931, sempre nei cantieri di Castellammare di Stabia, la nave scuola Amerigo Vespucci, oggi vanto della Marina Militare Italiana.

1 commento

  1. Maganuco, la nave varata nel 1850 a Castellammare di Stabia si chiamava “Monarca”: se non la sintassi, almeno l’ortografia!

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