Blitz “Tagli pregiati”, un imprenditore parla in aula: “Rinzivillo piangeva in cella e lo aiutai”

 
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Immagini di repertorio

Gela. “Mi disse che quell’assegno arrivava dalla vendita di una pizzeria a Roma. Piangeva quasi ogni giorno per la morte della madre. Così, chiesi alla mia ex segretaria se poteva scambiarglielo”.

“Non sapevamo chi fosse Rinzivillo”. A parlare davanti al collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Lirio Conti, è stato l’imprenditore palermitano Giovanni Ienna, per alcuni mesi compagno di cella, nel carcere di Rebibbia, del boss Crocifisso Rinzivillo. La testimonianza di Ienna rientra nel dibattimento scaturito dalla maxi indagine antimafia “Tagli pregiati”. Gli investigatori e i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta fecero luce sui presunti affari di affiliati e fiancheggiatori proprio della famiglia Rinzivillo, anche al Nord. L’imprenditore e la sua ex segretaria Giovanna Guaina finirono nell’inchiesta, soprattutto in relazione ai contatti avuti con Rinzivillo e ai soldi successivamente fatti pervenire alla cognata del boss, a sua volta residente a Roma. “Non sapevamo neanche chi fosse questo Rinzivillo – ha detto la moglie dell’imprenditore – mio marito aveva capito che attraversava un momento di difficoltà. Nessuno lo andava a trovare, la madre era morta e, per questa ragione, decidemmo di aiutarlo. Non ci furono altri rapporti”. I testimoni hanno risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Gabriele Paci e da uno dei difensori, l’avvocato Adriano Falsone. Nel corso dell’udienza, sono stati sentiti anche un funzionario di banca, in servizio nella zona della provincia di Varese, e una stretta parente di un altro imputato, Rosario Saccomando. L’anziana donna ha confermato, rispondendo alle domande del difensore Maria Elena Ventura, le difficoltà soprattutto economiche attraversate dall’imputato, tanto da spingerla a sostenerlo economicamente. Si ritornerà in aula il prossimo 20 aprile, quando verrà sentito lo stesso Crocifisso Rinzivillo, attualmente detenuto sotto regime di 41 bis. In totale, sono ventuno gli imputati. Parti civili, sono le associazioni antiracket, compresa quella “Gaetano Giordano”, rappresentata in aula dall’avvocato Giuseppe Panebianco. 

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