I controlli di Banca d’Italia, quattro professionisti locali a processo: parla una funzionaria, “le risposte c’erano ma erano frammentarie”

 
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Gela. “I dubbi principali riguardavano la solidità finanziaria

del socio di riferimento. Alla fine, sono prevalsi i motivi ostativi e la procedura non è più proseguita”.
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I controlli di Banca d’Italia. L’ha detto una funzionaria di Banca d’Italia, chiamata a testimoniare nel corso del dibattimento che si sta celebrando contro Andrea Mauro, Anna Giudice, Pietro Catania e Gaetano Lorefice. Tutti professionisti finiti a processo, anche con l’accusa di aver cercato di ostacolare i controlli proprio di Banca d’Italia nell’istruttoria che avrebbe dovuto condurre al via libera per un istituto di moneta elettronica. Circa un anno di corrispondenze tra i funzionari di Banca d’Italia e i responsabili del gruppo societario che avrebbe dovuto finanziare il nuovo istituto. Le società al centro delle verifiche furono principalmente la Monesys spa e la Medimel spa.
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“Monesys, secondo i nostri controlli – ha proseguito la funzionaria – non aveva solidità finanziaria”.  La ricostruzione fornita dalla testimone, stando ai difensori degli imputati, confermerebbe comunque che nessuno degli imputati avrebbe cercato di ostacolare i controlli dei tecnici romani. “Le risposte alle nostre richieste – ha proseguito – sono state fornite, ma erano spesso frammentarie”. Ai funzionari di Banca d’Italia, come indicato dalla testimone, sarebbe stata comunicata anche l’operazione di aumento di capitale, da finanziare anche con sottoscrizioni obbligazionari. Nel dibattimento, Banca d’Italia è parte civile. La testimone, davanti al giudice Ersilia Guzzetta, ha risposto alle domande del pm Ubaldo Leo, e a quelle dei difensori, gli avvocati Giacomo Ventura, Filippo Spina, Riccardo Lana, Nicola Martello e Mariella Giordano.

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